L’ex autista di Totò Riina è convinto che dietro le ultime scarcerazioni ci possa essere una vera e propria regia riconducibile alla trattativa tra alcuni "pezzi" dello Stato e cosa nostra.
“…A mio avviso le scarcerazioni fanno parte della trattativa Stato-mafia”. Fanno rumore le dichiarazioni rilasciate dal pentito Gaspare Mutolo all’agenzia Adnkronos, tanto che il presidente della commissione parlamentare Antimafia, Nicola Morra, non esclude di aprire un’istruttoria. L’ex autista di Totò Riina ritiene che dietro le ultime scarcerazioni, sulle quali tanto si è polemizzato, ci possa essere una vera e propria regia riconducibile alla trattativa tra pezzi dello Stato e cosa nostra per mettere fine al periodo delle stragi. Tale accordo era stato avviato con il famoso “papello” contenente le richieste della mafia per mettere fine agli attentati. “…Le scarcerazioni dei boss mafiosi – ha continuato Gaspare Mutolo – sono una vergogna. Lo Stato ha perso ma non adesso. Ha perso tempo fa quando ha avviato la trattativa con cosa nostra che continua tuttora…”. Dalla sua residenza segreta il pentito di mafia, con 22 omicidi alle spalle, sentenzia che il danno ormai è stato fatto – “…I buoi ormai sono fuori dal recinto…” e per il ministro Bonafede non sarà semplice riportarli dentro. “…È assurdo – dice ancora il collaboratore di giustizia – fare uscire 376 tra mafiosi e altri detenuti perché potrebbero tornare a delinquere…”. Mutolo si concentra principalmente sulla scarcerazione di Francesco Bonura: “…Eravamo amici negli anni Settanta – dice – è una persona per bene. Fino a quando ho collaborato, nel 1991, stavo con lui e altri come lui. Insomma, ripeto, è un gran signore ma sempre mafioso è…”.
Gaspare Mutolo invece ripudiò la mafia nel 1991 quando, a suo dire, l’organizzazione malavitosa, per mano di Totò Riina, iniziò a cambiare volto diventando sempre più spregiudicata e sanguinaria. Coinvolto nel Maxiprocesso, dove si beccò una condanna a 10 anni di reclusione, Mutolo decise di collaborare con il giudice Giovanni Falcone – guarda caso poi trasferito al dipartimento Affari penali senza poter raccogliere le rivelazioni del pentito e poi, dopo la strage di Capaci, con il giudice Paolo Borsellino e successivamente con Pier Luigi Vigna, raccontando sopratutto i particolari dei rapporti tra mafia e politica.
In carcere “Gasparino” ha coltivato la sua passione per la pittura ed oggi, che ha scontato il suo debito con la giustizia, all’età di 80 anni, vive dei suoi dipinti. Asparinu il mafioso è diventato Asparinu il pittore.