L’ex pm di Mani Pulite critica i cambi di casacca facili e definisce “umiliante la svendita del voto a 50 euro” per il consenso elettorale.
Roma – Dall’inchiesta di Tangentopoli ne è passata di acqua sotto i ponti, oltre 30 anni in cui la corruzione nei partiti non si è più arrestata. Una ferita mai sanata: la sostanza è sempre la stessa, ma quello che è cambiato è l’obiettivo. “Se allora pesavano ad arricchirsi personalmente, oggi il corrispettivo non è tanto la tangente, ma il conseguimento del voto verso sé stessi”. A parlare è l’ex pm di Mani Pulite Antonio Di Pietro, a proposito dell’escalation di inchieste giudiziarie che hanno coinvolto i partiti nelle ultime settimane da Nord a Sud. Da Torino a Catania, passando attraverso il “ginepraio” della Puglia e di Bari.
L’ex magistrato e leader politico di Italia dei Valori fa un raffronto degli arresti eccellenti di oggi con quelli di ieri, quando le inchieste di Tangentopoli hanno travolto la politica nei primi anni ’90. “Da tempo – fa notare Di Pietro – è in corso una rivisitazione storica che dice che Mani pulite era solo una questione di illecito finanziamento ai partiti. Non è cosi. Tangentopoli era l’utilizzo della politica per fini personali, un sistema in cui con la scusa di dover finanziare il sistema politico, e quindi di dover fare politica, si prendevano soldi che, però, in realtà nella maggior parte dei casi finivano nelle tasche dei politici e non nelle casse del partito”.
Mentre invece oggi secondo l’ex pm “l’obiettivo è la cadrega, la poltrona. Non c’è nemmeno un progetto politico o un’ideologia a monte”. E aggiunge: “la magistratura fa bene ad investigare sul perché e sul come
si conquista il consenso elettorale attraverso promesse illecite, ma è umiliante assistere ad una persona che, seppur povera, svende per 50 euro la cosa più importante che ha in un paese democratico (il voto)”.
Poi la critica ai cambi di casacca facili e ai “voltagabbana”. Dalle varie indagini emergono indagati che hanno cambiato più volte schieramento negli anni. “Io sono dell’opinione che, se una persona viene eletta in base ad un determinato progetto ed in un una determinata lista – conclude -, nel momento in cui non si ritrova più nella realtà politica in cui era stata eletta, dovrebbe decadere automaticamente”.