Fdi vuole il carcere per i giornalisti, fino a quattro anni e mezzo per diffamazione

Un emendamento che fa scattare la levata di scudi dell’opposizione, e anche gli altri partiti della maggioranza hanno espresso dei dubbi.

Roma – Fratelli d’Italia ha proposto che i giornalisti condannati per diffamazione in alcuni casi possano andare in carcere, anche per periodi fino a quattro anni e mezzo. Lo ha fatto con alcuni emendamenti al dll sulla diffamazione, a prima firma del deputato Gianni Berrino. Sono arrivate non solo proteste dall’opposizione, ma anche risposte molto scettiche dagli alleati della maggioranza: Forza Italia ha espresso “dubbi”, mentre la Lega finora ha evitato di esprimersi direttamente ma ha fatto capire che non sostiene l’iniziativa.

Nello specifico, la proposta di Berrino prevederebbe di introdurre un nuovo articolo nella legge sulla stampa, che risale al 1948. Questo articolo punisce chi mette in atto “condotte reiterate e coordinate” con lo scopo di “arrecare un grave pregiudizio all’ altrui reputazione”, e lo fa attribuendo a qualcuno “con il mezzo della stampa” dei fatti che “sa essere anche in parte falsi”. In questo caso, la punizione è “il carcere da 1 a 3 anni” oltre a una “multa da 50mila a 120mila euro”. Se in più si sa che la persona offesa è innocente, la pena aumenta “da un terzo alla metà”, cioè fino a quattro anni e mezzo di carcere.

L’intervento è controverso anche perché la legge italiana già prevede la possibilità del carcere per i giornalisti, in caso di diffamazione. Il motivo per cui questo non avviene mai è che dal 2021 la Corte costituzionale ha dichiarato la norma illegittima: pochi anni prima la Corte europea dei diritti dell’uomo aveva condannato l’Italia per aver previsto la pena del carcere per il giornalista Alessandro Sallusti nel 2012.

Gianni Berrino, il senatore che ha proposto le modifiche, ha commentato le polemiche provando a giustificarsi: “Togliamo le pene detentive per la diffamazione generica, le manteniamo per la diffamazione che si consuma con l’addebito del fatto preciso e falso, a tutela dell’onorabilità sociale del cittadino e della corretta informazione. Nessuno ha diritto di inventarsi fatti falsi e precisi per ledere l’onore delle persone. Quello non è diritto di informazione ma orchestrata macchina del fango, che lede anche il diritto alla corretta e veritiera informazione”.

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Email
Stampa