Decine i fiancheggiatori di Messina Denaro: nella rete del Ros cadono le prime teste

Uno degli arrestati gestiva i fondi Pnrr a Limbiate. Due anni fa l’allarme de ilgiornalepopolare.it: “Le mani delle cosche sul Piano di ripresa”.

TRAPANI – Medici, operai, architetti ma anche casalinghe e imprenditrici: quanti sono stati i fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro? Chi può dirlo, certamente decine e decine di persone gli hanno reso la vita più facile durante la sua latitanza “dorata” trascorsa praticamente vicino casa, cosi come tradizione mafiosa vuole. Stavolta sono caduti nella rete dei carabinieri del Ros di Palermo, coordinati dal procuratore Maurizio De Lucia, dall’aggiunto Paolo Guido e dai sostituti Gianluca De Leo e Pierangelo Padova, tale Massimo Gentile, ericino di 51 anni, architetto sospeso dall’albo, dal  2019 assunto dal Comune di Limbiate nella qualità di responsabile dei procedimenti relativi al Servizio lavori pubblici e incaricato della gestione dei fondi del Pnrr; Cosimo Leone, 56 anni, tecnico radiologo in servizio all’ospedale Abele Ajello di Mazara del Vallo e Salvatore Gulotta, 31 anni, bracciante agricolo arrestati dai militari il 27 marzo scorso nelle rispettive abitazioni.

Leonardo Gulotta, Massimo Gentile e Cosimo-Leone

Ai primi due indagati, cognati tra di loro, gli inquirenti contestano, oltre all’associazione mafiosa, al primo di aver prestato la sua identità al capomafia, all’epoca latitante, Matteo Messina Denaro per acquistare una Fiat 500 L nel 2014, e una moto Bmw F650 nel 2007, con le quali il capomafia andava tranquillamente in giro con una delle sue fidanzate; al secondo i medesimi Pm contestano di aver consentito al boss, nel novembre del 2020, di fare una Tac al torace e all’addome, di avergli consegnato un cellulare riservato durante il ricovero all’ospedale di Mazara del Vallo, nei giorni in cui il capomafia veniva operato di cancro al colon e di avergli fatto recapitare dopo le dimissioni il Cd della Tac da mostrare agli specialisti che lo avevano in terapia.

Infine a Salvatore Gulotta i pubblici ministeri palermitani contestano il concorso esterno in associazione mafiosa per avere assicurato a Messina Denaro, dal 2007 al 2017, la disponibilità di una utenza telefonica necessaria per la gestione dei mezzi di trasporto in uso al latitante. Negli atti dell’autorità giudiziaria, Gip Alfredo Montalto, si legge che Gentile, già titolare di un’agenzia immobiliare a Tre Fontane, frazione di Campobello di Mazara, e di un ristorante-pizzeria, risulta “iscritto a partire dal 2001 all’ordine degli architetti, da cui veniva poi sospeso per motivi disciplinari”. Nel 2017 l’architetto del Comune di Limbiate “lavorava a Campobello di Mazara presso la ditta individuale di Chiana Laura, moglie di Andrea Bonafede, attiva in colture di olivi e pompe funebri”.

Il documento d’identità in uso al boss

Secondo i magistrati inquirenti, supportati dal Gip palermitano, “la scelta del latitante di affidarsi a Massimo Gentile, sfruttandone l’identità per acquistare ed usare mezzi di locomozione, e muoversi così in modo autonomo e anonimo, doveva necessariamente fondarsi su presupposti di fedeltà e garanzia di affidabilità, riscontrabili nelle parentele e nei rapporti con altri importanti protagonisti del contesto mafioso di Campobello di Mazara”. Stessa cosa, sostanzialmente, per il cognato Cosimo Leone che avrebbe “raccomandato” Messina Denaro nella sua trafila sanitaria atteso che il boss, malato ormai terminale, l’avrebbe ritenuto persona di sua fiducia tanto da accedere nelle sale di radiologia e presso gli studi di noti specialisti in tempi brevissimi. Per arrivare a Leone i militari del Ros avrebbero verificato la documentazione sanitaria di Messina Denaro, ma anche su tre telefonini, due dei quali in uso al boss durante la degenza.

Uno dei telefonini che usava Messina Denaro era intestato a Leonardo Gulotta e sarebbe stato usato anche per la stipula delle assicurazioni di auto e moto. Il 30 marzo scorso davanti al Gip Alfredo Montalto, il dirigente comunale Massimo Gentile e il tecnico radiologo Cosimo Leone, hanno fatto scena muta avvalendosi della facoltà di non rispondere. Leonardo Gulotta, difeso dall’avvocato Mariella Gulotta, invece ha risposto alle domande del Gip respingendo le accuse della Procura che gli contesta di aver ceduto al boss un’utenza telefonica a lui intestata per ben 10 anni. Il capo d’imputazione però sarebbe stato modificato perché nel 2007 l’indagato era minorenne e la Procura non avrebbe potuto procedere nei suoi confronti. La contestazione ora riguarda soltanto gli anni dal 2014 al 2017.

Gli arresti sono stati eseguiti dal Ros dei carabinieri

Il difensore ha chiesto anche la revoca della reclusione in carcere. Pm e Gip si sono riservati. Il soldi del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza, in quota parte, sarebbero gestiti da personaggi assai vicini alle organizzazioni criminali. Di questa possibile e pericolosa evenienza si era parlato durante il 31 vertice antimafia “Antonino Caponnetto” svoltosi a Mede, in provincia di Pavia, nel maggio del 2022. Proprio da queste colonne era partito l’allarme rimasto poi inascoltato anche dalle diverse istituzioni presenti al vertice che forse avevano ritenuto eccessivo il nostro alert. I fatti però ci hanno dato ragione.

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