Matteo Salvini minimizza il calo di consensi sceso al 7,5%: “Il Carroccio supera i 5 stelle e la sinistra è malamente sconfitta”.
Pescara – Una vittoria netta quella del centrodestra, ma con una nota stonata: il risultato della Lega, che anche in Abruzzo come già in Sardegna scende non solo rispetto alle regionali di cinque anni fa ma all’8% conquistato alle politiche 2022 e soprattutto vede allargarsi la forbice con Forza Italia. Il partito di Antonio Tajani è passato in due anni dall’11 al 13%. Perde dunque punti il Carroccio e perde il campo largo e il centrosinistra. Il leader della Lega, Matteo Salvini, però tenta di sminuire quanto sta accadendo al partito: “Bella vittoria del centrodestra, con un buon risultato” per il Carroccio, “che supera i 5Stelle e sinistra malamente sconfitta – dice- a dispetto dei profeti di sventura, grazie Abruzzo, avanti col nostro buongoverno per altri cinque anni!”.
Il vicepremier e ministro delle Infrastrutture minimizza, ma la resa dei conti all’interno della Lega potrebbe essere vicina. Il leader potrebbe essere messo in discussione ancor prima delle europee. A mettere carne al fuoco alimentando le polemiche e i rumors interni, l’intervento a gamba tesa dell’europarlamentare leghista Gianantonio Da Re, che per quell’offesa rischia di essere messo alla porta dopo una lunghissima militanza. Il 9 giugno, aveva predetto, “assisteremo a un disastro annunciato. Un sondaggio interno dà il Carroccio al 5,5 per cento. Il giorno dopo Salvini si deve dimettere“.
E ancora Da Re contro il vicepremier: “O il cretino se ne va con le buone, o andiamo tutti a Milano in Via Bellerio e lo cacciamo con le cattive. Ormai la pensiamo tutti così, a partire da 80 parlamentari che aspettano solo i numeri del voto per muoversi. Anticipare il congresso in primavera a questo punto non serve: Salvini ci ha disintegrati e deve assumersene la responsabilità”. Chi conosce un pò le dinamiche del partito di via Bellerio sa che il dissenso nei confronti del segretario è ormai molto forte, non solo al nord, anche se quasi mai è palesato per paura di ritorsioni.
Anche nel centrosinistra si respira un clima di delusione: ci ha creduto fino alla fine. Sino all’ultimo Pd e M5S hanno sperato nel bis del miracolo sardo, confortati dagli exit poll che in Abruzzo segnalavano un testa a testa alla vigilia niente affatto scontato. Quando però a notte fonda le prime proiezioni virano sulla sconfitta, nessuno ha voglia di recriminare. Al di là del risultato finale e della delusione per l’affluenza sotto le attese, un dato sembra infatti acquisito: dall’alleanza giallorossa non si torna indietro. Il campo largo in Abruzzo era riuscito a diventare larghissimo con Renzi e Calenda. Ma non è bastato.
E adesso? Elly Schlein resta “testardamente unitaria” perché sia lei che Giuseppe Conte sanno che solo con una coalizione capace di unire tutte le opposizioni si può vincere. Eppure la caduta del Movimento 5 stelle complica tutto. E le divisioni in Basilicata chiamata a votare il 21 e 22 aprile rischiano di dare un nuovo colpo alle speranze di unità. D’Amico, forse tradito dall’affluenza che si è fermata al 52 per cento (un punto in meno rispetto alla passata tornata) accetta la sconfitta. “Sono felice più di così davvero non potevo fare”, commenta nel suo partito. “Si, sono felice perché questo voto almeno ha restituito centralità all’Abruzzo”, dice.
Pd e M5S delusi sottolineano infatti l’astensionismo al voto. ”Questa è una delusione, per tutti. Forse principalmente per chi sta governando. E’ dimostrazione di disinteresse e né noi né l’altra coalizione siamo riusciti a ribaltarlo. Questo è molto grave per la democrazia. Un brutto dato”. Così, sull’affluenza, il coordinatore regionale del M5S Abruzzo, Gianluca Castaldi, dal comitato elettorale di Luciano D’Amico. Il flop del campo largo in Abruzzo è soprattutto preoccupante per la prossima sfida (tutta ancora incerta per il centrosinistra) della Basilicata, dove ancora si deve scegliere un candidato anti-Bardi.
A dispetto delle alterne fortune, in fondo a un tormentato tira e molla, Pd e M5Stelle sono comunque destinati a unirsi in matrimonio: quanto sereno e duraturo sarà il tempo a dirlo, ma i due contraenti non sembrano avere più dubbi. Neppure il leader grillino, fin dal principio il più recalcitrante. Certo, resta da stabilire un dettaglio non da poco: chi fra Elly Schlein e Giuseppe Conte dovrà guidare la baracca, tuttavia è un discorso che può essere rinviato. Ora sono i numeri ad avere la meglio, mettendo tutti d’accordo: divisi certamente si perde. Insieme, invece, la coalizione di Meloni & company può essere sfidata alla pari. Rendendo contendibile ciò che nell’ultimo anno e mezzo è apparso inespugnabile: il governo del Paese.