Nada Cella uccisa due volte: dal killer e da una giustizia che non rimedia agli errori

Dopo 28 anni il caso era stato riaperto, ma il Gup ha negato il processo, nonostante la vecchia inchiesta fosse stata segnata da evidenti omissioni, forse depistaggi.

CHIAVARI (Genova) – Tutti colpevoli, nessun colpevole. Il processo per l’omicidio di Nada Cella, massacrata il 6 maggio 1996 nello studio del commercialista Soracco dove lavorava, non si farà. Almeno in questo giro di boa. Lo ha deciso il Gup Angela Nutini che ha prosciolto Anna Lucia Cecere, 58 anni, ritenuta la presunta assassina. La formula del mancato rinvio a giudizio è stata quella del “non luogo a procedere”. Punto.

Nada Cella

Non siederanno sul banco degli imputati nemmeno Marco Soracco, 61 anni, titolare dello studio di commercialista di via Marsala a Chiavari, e la madre Marisa Bacchioni di 92 anni, entrambi accusati di favoreggiamento e false attestazioni al Pm. Infatti nessuna delle richieste della Pm Gabriella Dotto, che ha coordinato le nuove indagini della polizia, è stata accolta. Dunque l’inchiesta espletata dalla Mobile e dalla Procura genovese, grazie agli elementi nuovi venuti a galla tramite la criminologa Antonella Delfino Pesce, è stata considerata carta straccia e i contribuenti, ancora una volta e come spesso accade, non fanno certo salti di gioia.

Dunque chi ha ucciso Nada Cella? L’ex insegnante Cecere ha sempre respinto le accuse negando ogni suo coinvolgimento nella vicenda. Stessa cosa per la presunta relazione con Soracco che pare fosse di nuovo emersa anche nell’ultimo fascicolo nel quale troneggiavano soprattutto gli errori, macroscopici, e le omissioni (ma qualcuno li ha definiti veri e propri depistaggi) delle prime indagini. Nada lavorava come segretaria nello studio del commercialista chiavarese. Quest’ultimo venne inizialmente sospettato, interrogato diverse volte e poi prosciolto. Già all’epoca dei fatti erano emersi particolari investigativi che, secondo la nuova indagine, sarebbero stati sottovalutati o valutati non esattamente. In primis il coinvolgimento della Cecere.

Marco Soracco

I carabinieri, dopo la segnalazione di una vicina di casa, perquisivano la sua abitazione sequestrando alcuni bottoni che i militari ritenevano identici a quello rivenuto sul luogo del delitto. Il confronto però verrà effettuato solo tramite immagini fotografiche ed alcune differenze, come quella dell’assenza della cornice di plastica in quello trovato nello studio di via Marsala rispetto agli altri, indurranno il Pm Filippo Gebbia a prosciogliere la Cecere comunicando il provvedimento tramite un comunicato. Carabinieri e polizia, all’epoca dei fatti, avranno grossi problemi di “comunicazione” fra i rispettivi vertici investigativi.

Infatti i funzionari di polizia sentiti a verbale negli ultimi anni avrebbero riferito di non aver mai saputo nulla sui “famosi” bottoni, men che meno nel merito di una telefonata anonima, consegnata alla polizia mediante una registrazione su nastro dallo stesso Soracco, in cui una donna parlava alla madre del professionista indicando la Cecere come la possibile assassina, per il sol fatto di averla vista la mattina del delitto salire sul suo motorino con le mani insanguinate.

Anna Lucia Cecere

Poi ci sarebbero le intercettazioni, trascurate e messe da parte, di alcuni religiosi che puntavano il dito sulla Cecere, sempre come possibile killer, e le dichiarazioni dello zio della vittima, presenti anche nell’attuale fascicolo, che raccontava agli inquirenti, ad un anno dalla morte di Nada, di un certo giro di soldi in nero nello studio Soracco. Questi ed altri atti dell’inchiesta originale sparivano nei flutti dell’alluvione che invase gli scantinati del palazzo di Giustizia chiavarese e andavano perduti. Ciò che rimase dei faldoni veniva passato al setaccio dalla criminologa Delfino Pesce che, insieme all’avvocato Sabrina Franzone, legale di fiducia di Silvana Smaniotto, mamma di Nada, tentavano con successo di ricomporre il difficile mosaico giungendo a nuove quanto eclatanti conclusioni che sono servite a riaprire il caso.

La scena del crimine e i famosi bottoni nelle foto di comparazione fotografica

Da qui l’impianto accusatorio poi demolito dal Gup Nutini. La nuova inchiesta puntava molto sulla presenza di tracce ematiche su oggetti e scooter della Cecere ma i riscontri che miravano a trovare il Dna dell’ex insegnante sono poi risultati inefficaci sgretolando, di fatto, le accuse vecchie e nuove:Non abbiamo perso noi, ha perso la giustizia – ha detto piangendo la madre della vittima – la verità si fa sempre più lontana”. Le cose sono andate come polizia e Procura le hanno dimostrate, ha poi dichiarato la penalista Sabrina Franzone. Evidentemente non è bastato.

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