Zingaretti & co. esultano per l’asse giallorosso ma su twitter piovono commenti al veleno: “Il Pd ridotto a elemosinare dai 5 stelle”.
Roma – In Sardegna, anche se per una manciata di voti rispetto al centrodestra, ha vinto l’asse Pd-M5S. Ha vinto Alessandra Todde, da poche ore governatore, e da ultimo ha vinto l’esperimento del cosiddetto “campo largo”. Il voto disgiunto ha punito Paolo Truzzu, sindaco di Cagliari, che non è stato votato a sufficienza nemmeno nella sua città. Imposto da Giorgia Meloni al posto dell’ex presidente Christian Solinas, Truzzu sembra anzitutto non aver convinto tutti i partiti della coalizione, a partire dalla Lega che si è vista scippare la candidatura. C’è da dire che le basse performance di Solinas avrebbero messo in difficoltà qualsiasi candidato alternativo, ma senz’altro il destra-centro non è stato premiato dalla modalità di scelta della candidatura, piovuta dal cielo da Roma.
Per l’alleanza M5s-Pd la vittoria è una ottima notizia per rilanciare il campo largo anche in altre Regioni e Comuni, ma Giuseppe Conte ci tiene a mettere subito le cose in chiaro: “Abbiamo vinto con la forza e la competenza di Alessandra, con le proposte serie e credibili, con un ‘campo giusto’ con le altre forze politiche. Non servono ammucchiate, campi larghissimi e minati”, dice il presidente del M5s festeggiando “la nostra Alessandra Todde”. Nostra, del Movimento 5 stelle, appunto. La storia politica della presidente sarda è nata proprio con la parabola grillina, ma la sua competenza e preparazione le hanno permesso di diventare il numero due dell’ex premier Conte e non solo.
Il Pd, ancora una volta, rischia di doversi adeguare. Lietamente, a quanto sembra: “La Sardegna indica che la strada imboccata tra mille difficoltà nel settembre 2019 era quella giusta. Ora va percorsa con convinzione e generosità”, dice l’ex ministro dei Beni culturali Dario Franceschini, rilanciando l’alleanza che fece nascere il Conte 2. Gli fa eco Matteo Orfini, deputato del Partito democratico: “La destra si può battere. Grazie Sardegna”. Ed è rispuntato sulla scena pure l’ex segretario Nicola Zingaretti: “Ennesima conferma: uniti si può vincere, divisi si perde sicuro”. Anche Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia-Romagna, ha voluto spingere per l’asse giallorosso: “Adesso unire il centrosinistra e costruire l’alternativa nel Paese. Forza e coraggio”.
Non mancano i problemi, tuttavia, fuori dall’isola: a partire dalla politica estera, avverte Lorenzo Guerini, presidente del Copasir. Non esattamente un dettaglio. È più il Pd a voler rilanciare l’alleanza, insomma, che il M5s. Anche laddove ancora non c’è. Come in Basilicata, dove ad aprile si vota e dove l’alleanza è possibile. Ma c’è chi vorrebbe strutturarla anche a Firenze, dove altrimenti il M5s rischia di unirsi alla lista promossa dal rettore dell’Università per Stranieri di Siena Tomaso Montanari.
Il centrosinistra proverà a dare dunque forza al progetto Pd-M5S. Anche se nella base dem serpeggia non poco malcontento: qualcuno non digerisce che il nuovo governatore sia pentastellato e che quindi sia Conte da oggi a guidare la partita. Ecco che allora una fronda chiede di rivedere gli equilibri interni e di evitare una strada che da tempo è stata intrapresa: inseguire il M5S e farsi dettare l’agenda politica dal partito di Grillo. Su X (ex Twitter) piovono commenti al tritolo, per essersi piegati alla linea del Movimento: “Avete regalato la Sardegna a Conte! Altrove non succederà: voteremo in massa a destra, noi che votavamo il Pd quando era un partito serio. Siete pessimi”; “Se il Pd si allea con i 5S, io giuro che voterò la Meloni”; “Da persona di sinistra: non avrete mai il mio voto. Mai”; “Povero ex Pd. Ridotto ad elemosinare dai 5 Stelle”.
Insomma, nonostante la vittoria di Todde come candidata espressione del campo largo del centrosinistra, il clima nell’elettorato del Pd non è dei più distesi. Stessa musica in Azione, per il flop di Carlo Calenda che non entra nell’alleanza pro Todde e sceglie Renato Soru che si ferma al 10 per cento senza essere rilevante.