Esclusiva – Giustizia: Zaccaro (Area Dg), “Sulla riservatezza è cortocircuito culturale”

Il segretario si chiede il perché di pesi e misure diversi a seconda dei casi: “Le riforme non cancellino il lavoro dei padri costituenti”.

Roma – “Viviamo un’epoca strana. C’è una sorta di cortocircuito culturale”. Parte da questa affermazione la riflessione del segretario di Area Democratica per la giustizia, associazione che riunisce le toghe progressiste, Giovanni Zaccaro. Secondo il magistrato, “da una parte, il ministro della Giustizia sostiene che comprima il diritto alla riservatezza personale il sequestro di uno smartphone, nell’ambito di un’indagine penale, da parte di un pubblico ministero. Dall’altra, il ministro dell’Interno dello stesso Governo sostiene che non ci sia nulla di male nella identificazione (ossia nella raccolta e nella conservazione dei dati personali) di pacifici cittadini che gridano “viva l’Italia antifascista” o che portano fiori alla memoria di Navalny, martire della libertà per tutti cittadini democratici del mondo. Sarà questo – conclude Zaccaro – il famoso garantismo a senso unico?”. Il giornalepopolare.it ha voluto approfondire con il segretario le parole che hanno mosso il suo intervento.

Dottor Zaccaro, colpisce il parallelo che Lei fa tra il sequestro degli smartphone e la Digos che identifica chi omaggia Navalny. Può specificare meglio cosa intende per cortocircuito culturale?

“Mi ha colpito che alcuni componenti del governo rivendichino la tutela della riservatezza delle vita privata dei cittadini e dunque pongono limiti, pure pendendo indagini penali, al sequestro degli smartphone, mentre altri ritengono poco grave che la polizia identifichi (cioè raccolga e conservi i loro dati personali) cittadini che non sono coinvolti in alcun reato ma si limitano a onorare la memoria di una persona che tutto il mondo considera un martire”.

Alexei Navalny

Dal suo ragionamento si intuisce la sua apertura alla tutela della libertà, da qualsiasi parte provenga. Come giudica i continui fenomeni di odio contro la politica? Negli ultimi giorni abbiamo assistito a insulti continui – e immagini bruciate – contro il premier. Non stiamo arretrando pesantemente verso una subcultura che non guarda ad alcun diritto?

“Il dibattito pubblico è molto scaduto negli ultimi tempi; alcuni movimenti politici si sono affermati proprio con campagne elettorali e gesti polemici… ricordo il cappio mostrato in Parlamento, gli insulti agli avversari, gli attacchi a giornalisti ed intellettuali scomodi, le denigrazioni dei magistrati che adottavano decisioni sgradite. Purtroppo è inevitabile che se si fomentino polemiche ed odio, alla fine c’è il rischio che tutti vengano travolti”.

Da un lato abbiamo la Digos che controlla chi omaggia Navalny dall’altra un partito – la Lega – che vorrebbe evitare le manifestazioni contro Israele. Dove è finita la libertà di ogni cittadino – sempre non violenta e pacifica – di dire ciò che pensa?

Aleksej Naval’nyj

“Siamo una democrazia matura e liberale, ciascuno deve esercitare i propri diritti, compreso quello di parola e di manifestazione, avendo quale unico limite i diritti degli altri”.

Non crede che la magistratura- a volte esposta sui social – non debba portare l’esempio dimostrato dalle sue parole sul rispetto di ogni libertà?

“I magistrati possono e debbono, con la necessaria continenza, partecipare al dibattito pubblico sui diritti, sulla giustizia, sulle istituzioni. Vale la regola generale che la repubblica si fonda sull’equilibrio e sul rispetto reciproco dei tre poteri dello Stato. Su questo, per la fortuna di tutti, vigila il Presidente della Repubblica. Speriamo che le annunciate riforme non rompano questo virtuoso meccanismo inventato dai padri costituenti”.

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