Il conduttore si illudeva di parlare solo di musica al Festival, ma poi la lotta antifascista e i trattori prendono il sopravvento.
Sanremo – E meno male che la politica non doveva entrare in alcun modo a Sanremo. L’ultimo quadretto idilliaco nel giorno in cui il Festival della canzone italiana entra nel vivo, Amadeus e Marco Mengoni cantano insieme “Bella Ciao” in sala stampa a Sanremo. Lo spunto è una domanda di Enrico Lucci di “Striscia la Notizia”, che chiede a entrambi i conduttori della prima serata sul palco dell’Ariston se possano definirsi “antifascisti”. Come se la risposta non fosse già scontata ascoltando il motivetto che possiamo rispettare solo nella storia che questo ha significato per il nostro Paese, candidamente il conduttore e il cantante intonano un sonoro ‘Sì’. All’unisono e senza esitazione e poi via con la canzone-bandiera della Resistenza. Amadeus racconta anche un episodio: “Ho visto la Casa di carta. All’epoca, quando in pieno Covid, si ammalarono due interpreti, li ho contattati per venire a Sanremo a cantare Bella Ciao”. Addirittura!
Per fugare ogni dubbio, subito spazzato via con la canzone della lotta antifascista, alla vigilia del Festival Amadeus aveva detto che non ci sarebbe stata politica quest’anno, come se la musica fosse l’unico aspetto di cui parlare. Difficile pensare che ci credesse davvero: l’Ariston è sempre stato il palco delle polemiche e delle istanze sociali. Quando non entrano in teatro, riempiono la città o i giornali. Se non ne parla il direttore artistico, lo fanno gli altri.
Così sono bastati pochi minuti della prima conferenza stampa è già si è iniziato a discutere dello spazio che sarà dato alla protesta degli agricoltori. “Se i trattori dovessero arrivare a Sanremo, li farò salire sul palco: è una protesta sacrosanta“, ha detto lunedì. La Rai ha smentito più volte che ci sia una trattativa in corso. Ma martedì, durante la seconda conferenza stampa, il direttore artistico non ha fatto alcun passo indietro. Si doveva parlare solo di musica e invece la protesta degli agricoltori è diventato il tema più caldo prima dell’inizio del festival. Senza troppe sorprese, tenere lontano le istanze sociali dall’Ariston è impossibile.
“Lo spazio non è illimitato”, ha detto il conduttore evidenziando che “ci sarebbero tanti argomenti importanti da trattare, come quello ecologico, quello dei lavoratori. Toccheremo quello delle morti sul lavoro. Ognuno ha ragione di dire la propria. Ma il palco non può portare tante dimostrazioni e manifestazioni di protesta“. “Ho parlato dei trattori perché è un tema sta coinvolgendo tutta l’Europa. Non ne faccio una questione politica. Ho fatto l’istituto agrario, ho zappato la terra e ne vado fiero. E so guidare il trattore”, ha detto Amadeus. “È gente che ha una difficoltà enorme e potremmo pagarne le conseguenze. Non so neanche chi li appoggia politicamente e non mi interessa”.
Peccato che però lui, che dovrebbe essere super partes, intona “Bella Ciao”, che, con tutto il rispetto per la lezione che ne è derivata all’Italia dalla lotta partigiana stride con quello che aveva detto. “Fuori la politica da Sanremo”. Nessuno ci aveva creduto, neppure lui. E chi sa far cadere in molti nel tranello delle bugie è il giornalista Enrico Lucci, che ha subito tentato la provocazione. Lucci, dopo aver ricevuto risposta affermativa sul netto antifascismo ha insistito, prendendo spunto dalla polemica su Giorgia Meloni alla quale più volte è stato chiesto di dichiararsi antifascista: “Cantate Bella ciao e dedicatela a Meloni”. Amadeus e Mengoni non si sono tirati indietro, perché tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. E sicuramente non corrisponde al vero dire che sia una canzone non associata a una certa parte politica.
Amadeus smentisce qualsiasi pressione da parte dall’azienda per realizzare un festival meloniano, più allineato al governo di centrodestra dopo le polemiche dell’anno scorso. “Ho incontrato Roberto Sergio appena è diventato amministratore delegato e mi ha detto: ‘puoi continuare a fare il festival liberamente come hai fatto negli ultimi 4 anni’. Non mi ha mai fatto una telefonata per chiedere chi ci sarà, chi non ci sarà, mi ha dato assoluta libertà. Peraltro non ho mai cercato cose sensazionali a tavolino”. E scandisce: “I miei festival non sono politicamente schierati, né a destra, né a sinistra, non a caso in passato sono stato attaccato sia da destra che da sinistra: più libero di così, non si può”.
Dopo “il regalo agli italiani” fatto lo scorso anno dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a Sanremo “non ci saranno presenze istituzionali“, né “monologhi”. Ma avranno spazio “testimonianze personali”. Mercoledì Giovanni Allevi tornerà a calcare il palco dopo due anni di lotta contro un mieloma multiplo: “Sarà testimonial della sua battaglia, portavoce di coloro che si trovano nella sua situazione”, dice Amadeus. Domani all’Ariston arriverà invece Daniela Di Maggio, madre di Giovanbattista Cutolo, GioGio‘, il musicista di 24 anni dell’Orchestra Scarlatti Young, ucciso lo scorso agosto a colpi di pistola in piazza Municipio, al centro di Napoli. Giovedì Stefano Massini e Paolo Jannacci proporranno L’uomo nel lampo, un brano inedito di denuncia sociale, “una canzone bellissima – promette – che fa riferimento alle morti sul lavoro”.
Tutti temi molto nobili, ma una cosa è trattare temi sociali e vere e proprie emergenze come le morti sul lavoro e le proteste dei trattori, altro discorso per la politica che nella canzone non dovrebbe proprio entrare. Amadeus, ma mi faccia il piacere!