L’annuncio dell’editore e presidente del Torino fa scattare la gara all’endorsement: Calenda, Formigoni e Albertini si muovono subito. Fratelli d’Italia, Lega e Pd restano freddi. Del resto il traguardo è il 2027 ma chi vuole accaparrarselo si sta già muovendo.
Roma – “Io sindaco di Milano? È la mia città, la adoro. Perché no?”. L’annuncio di Urbano Cairo nel corso della trasmissione radiofonica ‘Un giorno da pecora’ spiazza tutti. Non perché il suo nome non sia di peso, e neppure perché la sua figura imprenditoriale non ricordi i lustri di personaggi simbolo che hanno calcato le scene della politica tra editoria e calcio. L’effetto sorpresa c’è perché fino a oggi il presidente del Torino ed editore di Corriere e La7, ha sempre dichiarato di volersi tenere fuori dalla politica e di inseguire il sogno della scalata di Rcs. Ma ora che l’uomo del Monte ha detto sì, partono le danze di avvicinamento dei vari partiti politici per accaparrarselo.
“A malincuore” disse di aver rinunciato alla candidatura a primo cittadino di Milano quando a chiederglielo, nel 2015, fu il leader della Lega Matteo Salvini. Una cosa però era intuibile, se non addirittura certa: la visione di Cairo male si sarebbe sposata alla politica e ai programmi del Carroccio. “Io sono di centro, proprio di centro”, ha sempre detto senza mezzi termini. E alla domanda se la sua fosse una visione più vicina alla politica renziana, la sua risposta non fu esente da dubbi: “Come Renzi? Renzi è molto bravo, peccato che oggi non abbia più il consenso di una volta”.
E Carlo Calenda? “È molto bravo”, si era sbilanciato Cairo. Ed è proprio in queste dichiarazioni di preferenza che aveva fatto – anche se di acqua sotto i ponti della politica ne è passata – che forse si nasconde il partito a cui l’editore potrebbe puntare. Dalle sue parole di apertura alla candidatura è infatti scattata una gara all’endorsement. Le prime mosse di corteggiamento arrivano proprio dal leader di Azione, nominato dallo stesso editore: “Magari si candidasse“, ha commentato Calenda. E alla domanda se il presidente del Torino abbia le carte in tavola per indossare la fascia tricolore, si è sbilanciato: “Io dico sì, se questo avverrà non lo so”.
Un altro avvicinamento alla corte di Cairo è quello dell’ex presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, parlando di “ottimo nome” e di “ottima possibilità per la città di Milano” di averlo come primo cittadino. E tenta il colpaccio: “Me lo aspetto nel centrodestra, sapendo il suo passato e la collaborazione che ha avuto con Silvio Berlusconi”, ha fatto notare Formigoni mostrando una evidente similitudine del caso Cairo con la storia imprenditoriale e calcistica del Cavaliere.
A fare il tifo per l’editore, c’è anche l’ex sindaco di Milano Gabriele Albertini, candidato proprio da Silvio Berlusconi nel ‘97. L’entusiasmo dell’ex primo cittadino è palese: se Cairo si candidasse, dice, “potrebbe essere un nome valido per entrambi gli schieramenti; è un centrista ma con sensibilità che possono accreditarlo per essere un credibile rappresentante per una e l’altra parte”.
Molto più fredda invece la reazione dei partiti a Milano. A Fratelli d’Italia non convince il suo profilo che fino a oggi – a detta loro – è stato fuori dalla politica. Anche la Lega prende tempo per il dopo Beppe Sala, e si mantiene neutrale: non è una questione personale (o forse sì?), visto che Cairo ha rifiutato la proposta di Salvini nel 2015, ma ogni valutazione – dicono quelli del Carroccio a Milano – dipenderà dal programma che il candidato vorrà portare avanti per la città.
Distaccato sull’annuncio e sulla possibilità di candidare l’editore anche il Pd che ancora non pensa alle elezioni comunali e ai nomi da schierare. Del resto l’appuntamento è rimandato al 2027 e mancano ancora tre anni. La freddezza di Pd, Lega e Fratelli d’Italia quasi certamente non impensierisce o scalfisce Cairo, che non ha mai fatto mistero della sua visione che in certe tematiche è distante anni luce da questi partiti. Di Giorgia Meloni ha sempre apprezzato l’impegno, ma manca il coraggio di certe scelte. “Essendo in un momento difficile – ha detto Cairo – noi dobbiamo andare all’attacco in settori dove è possibile come il turismo, dovremmo raddoppiare il numero dei viaggiatori che scelgono l’Italia”.
E non risparmia critiche al governo su un tema a lui molto caro. Il calcio, in veste di patron del Torino. “Il Covid ha creato scompiglio in tutti i settori, anche nel calcio. Ci sono stati meno introiti e le perdite sono quadruplicate. Tutti i settori sono stati aiutati, il calcio è l’unico settore che non ha avuto nulla”, ha tuonato concludendo che “è un settore importante che porta 1 miliardo e 300 milioni all’erario e due miliardi dalle scommesse”.
Lo spirito del presidente del Toro è combattivo, le sue scelte tranchant, e di certo, se dovesse decidere ufficialmente di candidarsi darebbe filo da torcere agli avversari. Lo sa bene chi si muove alla Corte di Cairo per averlo protagonista della sua avventura politica. Una volta, alla fine dell’emergenza Covid ha condiviso sui social la foto di un tramonto citando una frase di Gandhi. “La vita non è aspettare che passi la tempesta, ma imparare a ballare sotto la pioggia”. A passo di danza, animato dai corteggiamenti politici, deciderà se vale la pena indossare la fascia tricolore.