Imparare o competere? La scuola senza voti sale in cattedra

In Finlandia sono banditi fino ai 13 anni e gli studenti evidenziano una qualità dell’apprendimento superiore alla media.

Roma – La scuola senza voti inizia a fare breccia nel sistema educativo. Negli ultimi tempi si è sentito parlare di una didattica scolastica senza voti. Si è scatenata una sorta di querelle tra chi è favorevole e chi no, come sempre succede, quando si toccano temi delicati, come l’educazione e la formazione scolastica. Tuttavia, dagli studi effettuati e dalle sperimentazioni in corso sono emersi consistenti miglioramenti dell’apprendimento scolastico. L’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) ogni triennio svolge un’indagine su studenti quindicenni per valutare l’acquisizione di conoscenze e competenze fondamentali per partecipare alla vita sociale ed economica, denominata PISA (Programme for International Student Assessment). Ebbene, è emerso che, ad esempio, in Finlandia gli studenti hanno registrato punteggi superiori alla media OCSE in lettura, matematica e scienze e con alti livelli di competenza in almeno una materia. La “Terra dei mille laghi” prevede che fino ai 13 anni i ragazzi non sono soggetti a voti e nemmeno a bocciature.

Per chi arranca, sono previsti corsi di recupero e supporto individuali. Il processo educativo prevede, inoltre, pause di 15 minuti tra le lezioni e spazi organizzati per invogliare i ragazzi a essere concentrati. I compiti si svolgono a scuola e quando si va a casa, si ha tutto il tempo per dedicarsi ad attività sportive, ricreative e culturali. Si tratta di una didattica innovativa che si è sviluppata anche in altri Paesi, come Svezia e USA. La pedagogia più all’avanguardia considera che “la competizione innescata dai voti produce alti livelli di stress e ansia che riducono la qualità dell’apprendimento.

La competizione innescata dai voti produce livelli di stress che riducono l’apprendimento

Inoltre, nella didattica tradizionale, gli studenti, spesso, non vengono stimolati dal punto di vista della creatività e della visione critica. Infine, chi riceve degli ottimi voti molte volte non fa che conformarsi alle idee di chi detiene l’autorità. Sulla scia di questi esempi, anche in Italia qualche tentativo sta emergendo, ma si tratta ancora di rarità. Come ha dichiarato al blog collettivo “Valigia Blu” l’insegnante del “Liceo Morgagni” di Roma, autore, anche, del libro “Crescere senza voti”, Vincenzo Arte:

“La normativa ci richiede una valutazione formativa indicativa. Non si è obbligati a dare i voti, lo si fa per prassi, perché è più comodo. Senza voto, invece, i ragazzi sono più attivi e stimolati. Si divertono, seguono con interesse e imparano a cooperare piuttosto che a competere. In questo modo si sviluppano capacità trasversali notevoli. Come quelle relazionali, di ricerca e approfondimento”.

Cresce l’attenzione all’argomento, ma le scuole senza voto restano iniziative isolate

Malgrado non siano molti i docenti favorevoli ad una scuola di questo tipo, ne sono entusiasti, al contrario, studenti e genitori. Si sa che, spesso, andare a scuola viene vissuto come una sofferenza, E non è una percezione solo degli studenti, ma un dato di fatto confermato dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) che ha rilevato una percentuale dell’87% di studenti che hanno manifestato disamore verso la scuola, con punte del 94% tra i quindicenni. Le scuole senza voto, però, restano, iniziative isolate. Per quanto si stia sviluppando un accesso dibattitto sull’argomento, il voto, sembra ancora un tabù difficile, se non impossibile, da sfatare. L’attuale governo lo considera propedeutico per il futuro degli adolescenti, con una funzione formativa ed educativa.

Mentre c’è chi come il professore Cristiano Corsini, docente di Pedagogia sperimentale e valutazione scolastica, all’Università Roma Tre, ritiene il voto una mercificazione del sapere, orientato solo al suo raggiungimento e non ad un vero apprendimento. D’altronde se la scuola vuole continuare ad essere “palestra” di vita, un luogo, cioè, dove si incontrano gli altri, il primo ambiente che si vive in maniera autonoma lontano dalla famiglia, non si vede perché l’apprendimento deve essere racchiuso in una mera lotta per mezzo voto in più! 

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