Tra marzo e novembre 2024 si decidono le leadership di Russia (vittoria scontata dello zar) e America (Donald in vantaggio). E il destino di Kiev.
Ritorno al passato: Trump e Putin di nuovo in sella a Mosca e a Washington come quattro anni fa. Zelenskyj può fare tutti gli scongiuri del caso, ma lo scenario che non solo al presidente ucraino appare distopico – eppure un po’ dispotico – è tutt’altro che improbabile.
Sulla candidatura di Putin a presidente della Federazione russa, la quinta, c’erano ben pochi dubbi. Ora è ufficiale, come d’altronde il risultato. Resta incerto soltanto il contesto nel quale potrebbe maturare nelle prossime elezioni di marzo, cioè la composizione della parure di competitor che servirebbe allo zar da foglia di fico per rivendicare la legittimità delle consultazioni. Ci sarà un candidato del partito comunista, forse l’anziano Gennady Zjuganov, e del Partito Liberal Democratico, mentre non è ancora chiaro se parteciperà un candidato del fronte liberale da tempo silenziato. Comunque orpelli. Una volta rieletto Putin, 71 anni, sarà in carica sino al 2030, salvo sorprese, e in teoria potrebbe di nuovo candidarsi ed essere presidente fino al 2036.
Donald Trump, invece, sebbene gravato da quattro processi, la sua ricandidatura l’ha annunciata da tempo a furor di popolo, il suo, tra lo sconcerto e i timori dell’altra metà dell’America. Il tycoon newiorchese nei comizi promette fuoco e fiamme, più che un progetto politico espone propositi di vendetta contro chi gli avrebbe sottratto la vittoria quattro anni fa – brogli elettorali mai provati – e chiede mani libere per spazzare via il fronte liberal dei diritti e delle garanzia costituzionali che considera la zavorra del Paese. E i sondaggi, per quello che valgono ad un anno dal voto (la casa Bianca si assegna a novembre 2024), lo danno in vantaggio sull’uscente presidente Biden, impantanato in due guerre (Ucraina e Medio Oriente), logorato dall’età avanzata e dai guai giudiziari del figlio Hunter.
A proposito di guerre, è noto che Trump si considera in grado di chiudere quella russo-ucraina in meno di 24 ore. Anzi il candidato repubblicano ritiene che con lui alla Casa Bianca non sarebbe nemmeno esplosa. C’è da crederci, stante gli ottimi rapporti che da sempre intercorrono tra lui e Putin, e che non si sono logorati nei quattro anni passati da Trump lontano dal potere. Lo zar lo ha difeso a spada tratta, definendo i processi a suo carico “una persecuzione politica dell’avversario“, circostanza che impedisce agli Stati Uniti di dare lezioni di democrazia al resto del mondo. Trump da parte sua ha più volte definito Putin “un leader capace e intelligente”. Chi non ha dubbi in proposito è il primo ministro ungherese Viktor Orban, fiducioso che l’ex presidente degli Stati Uniti, se vincerà le elezioni del 2024, sarà in grado di giungere a una soluzione del conflitto in Ucraina: “C’è un uomo in Occidente che sarebbe in grado di porre fine a questa guerra e fare la pace. Quell’uomo è Donald Trump“.
Dopo un 2022 segnato da battute d’arresto sul fronte dei combattimenti e da una raffica di sanzioni occidentali, lo Zar guerriero che ha dimostrato di saper sopravvivere all’isolamento internazionale, potrebbe anche decidere che lo stallo delle operazioni in Ucraina sia il minore dei mali: non gli è riuscita la presa lampo di Kiev, ma la controffensiva ucraina è fallita, l’Occidente appare stanco, oltre ad avere altre gatte da pelare (vedi alla voce Medio Oriente), e all’orizzonte si staglia la figura dell’amico Trump. Zelenskyj ovviamente tocca ferro.