La vittoria del nazionalista ed euroscettico Geert Wilders preoccupa i vertici dell’Unione a pochi mesi dalle elezioni europee.
Vorrebbe l’Olanda fuori dalla Ue, le frontiere sigillate, la riforma (in senso restrittivo) del diritto d’asilo, il massimo rigore nei conti e, questo era un suo slogan di qualche anno fa, “non dare soldi all’Italia” e agli altri Paesi mediterranei che piangono miseria e chiedono allentamenti nei vincoli di bilancio. Inoltre ha in simpatia Putin e non vuole foraggiare di armi l’Ucraina. Questo è Geert Wilders, il leader di estrema destra del Partito per la libertà (Pvv) che a sorpresa ha vinto le elezioni legislative olandesi.
Si è lasciato alle spalle la lista congiunta Socialdemocratici-Verdi dell’ex vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans, i liberali di destra del Vvd del premier uscente Mark Rutte, guidato dalla leader Dilan Yesilgoz, ex ministra della Giustizia, e il Nuovo contratto sociale (Nsc) fondato dal cristiano-democratico Pieter Omtzigt.
L’affermazione del cappelluto Wilders è stato uno shock per Bruxelles che adesso paventa lo scenario peggiore, un euroscettico all’Aja, al timone di un paese fondatore dell’Unione la cui voce è risultata sempre autorevole, anche perché spesso parlava in nome e per conto Germania, in special modo quando chiedeva il rispetto dei vincoli di bilancio.
E’ vero che Wilders durante la campagna elettorale ha ammorbidito di molto i toni per apparire rassicurante, e che la sua vittoria è pur sempre relativa e il cammino verso il governo – inevitabile una coalizione di più partiti – appare ingombro di difficoltà, eppure a Bruxelles il campanello d’allarme è suonato forte e chiaro. La questione delle questioni rimane l’immigrazione, di cui Wilders è da sempre fiero oppositore, e gli analisti dei flussi elettorali sono convinti che anche l’attacco di Hamas del 7 ottobre abbia contribuito a gonfiare le vele dell’estrema destra olandese.
Soprattutto, spaventa l’establishment europeo l’apparente disponibilità espressa dai liberali a ragionare su un possibile esecutivo con Wilders, facendo cadere quella conventio ad excludendum contro l’estrema destra che fino ad oggi aveva minato la credibilità politica dello stesso Wilders – non riuscirà mai a trovare alleati per governare, è un voto perso, si diceva – ma non la sua presa sull’elettorato.