35 anni fa l’omicidio del giudice Saetta e del figlio. Mattarella: “Esempio di coraggio”

Magistrato integerrimo, Antonino Saetta si era occupato di importanti processi di mafia senza mai lasciarsi condizionare dalle pressioni dei malavitosi. Per questo Riina e Madonia ne ordinarono la morte.

E’ la sera del 25 settembre 1988 quando il giudice Antonino Saetta, 65 anni, presidente della Prima sezione della Corte d’Assise d’Appello di Palermo, e il figlio Stefano, 35 anni, vengono uccisi da un commando di sicari. I corpi dei due risultano irriconoscibili allo sguardo dei primi soccorritori, crivellati da decine di colpi.

Entrambi erano diretti nel capoluogo siciliano, senza scorta né auto blindata, dopo avere partecipato al battesimo di un nipotino a Canicattì. Vengono intercettati dai killer mafiosi all’altezza del viadotto Giurfo, sulla statale 640: non hanno scampo. Saetta è il primo magistrato giudicante ucciso da Cosa nostra. Giudice integerrimo, dopo aver presieduto importanti processi a Genova – contro le Brigate Rosse e per il naufragio della nave Seagull, un dibattimento che fece epoca – Antonino Saetta era rientrato a Palermo.

Il Presidente Mattarella : “Encomiabile dedizione al servizio della Repubblica”

Nel capoluogo siciliano aveva condannato a pene severe mandanti ed esecutori della strage nella quale rimase ucciso il collega magistrato Rocco Chinnici – uno dei padri del pool antimafia – e l’assassino del capitano dei carabinieri Emanuele Basile. Insensibile alle forti pressioni mafiose sui processi, Saetta aveva colpito duramente Cosa nostra con sentenze esemplari, diventando automaticamente nemico giurato dei boss (Riina e Madonia) che ne ordinarono l’omicidio.

Nel 35° anniversario del duplice delitto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha inteso rendere omaggio al giudice Saetta ricordandone il sacrificio nella lotta contro le cosche. “La sera del 25 settembre del 1988 Antonino Saetta, Presidente di Sezione della Corte di Assise di Appello di Palermo, veniva ucciso a colpi di arma da fuoco con suo figlio Stefano. Un assassinio di matrice mafiosa per la lotta da lui condotta contro le cosche“.

“Fare memoria del suo coraggioso esempio – prosegue il messaggio di Mattarella – costituisce stimolo alla diffusione della cultura della legalità e rinnova, attraverso la testimonianza delle sue qualità umane e professionali, l’impegno nel contrasto di ogni forma di criminalità. A distanza di trentacinque anni dal vile agguato in cui perse la vita unitamente al figlio, rinnovo la partecipazione e la gratitudine del Paese ai suoi familiari e a quanti lo hanno conosciuto e stimato, ricordandone l’encomiabile dedizione al servizio della Repubblica”.

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