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Decreto lavoro: scintille fra Meloni e M5s

Il capo del Governo vuole un’Italia che torni a fare figli. I pentastellati le ricordano che 500 mila famiglie non arrivano a fine mese. Mentre la povertà dilaga a macchia d’olio.

Roma – Una bomba sociale è pronta ad esplodere nei prossimi mesi. Il decreto Lavoro, varato dal Governo Meloni volutamente nella data simbolica del 1° maggio, ha ricevuto giovedì l’ok al Senato, con 96 voti favorevoli, 55 voti contrari e 10 astenuti. Ora il provvedimento passa all’esame della Camera, che dovrebbe approvarlo nei prossimi giorni.

C’è tempo fino al 3 luglio, ma non ci sarà spazio per nuove modifiche, il pacchetto non potrà subire ulteriori aggiustamenti. La novità più importante del provvedimento riguarda la riforma del reddito di cittadinanza, misura bandiera del M5s che è stata rimpiazzata dall’assegno di inclusione (Adi), che entrerà in vigore il 1° gennaio 2024, restringendo in modo considerevole la platea dei beneficiari.

File di persone alla Caritas

L’ufficio parlamentare di bilancio ha stimato che quasi mezzo milione di famiglie resteranno senza tutele, cioè saranno esclusi oltre il 40% di coloro che percepivano il reddito di cittadinanza.

“Il governo Meloni sta dimostrando di non avere orecchie e interesse per queste famiglie. Mentre il Movimento cinque Stelle ha fatto di tutto per creare una cintura di protezione sociale per chi poteva subire gli effetti sia della povertà che della pandemia. Abbiamo chiesto anche di tassare gli extraprofitti di banche e di compagnie assicurative per trovare quelle risorse per proteggere tutti. Invece banche, compagnie assicurative e farmaceutiche, con loro dormono sonni tranquilli, mentre 500.000 famiglie non riusciranno ad arrivare alla fine del mese”,

ha detto un parlamentare pentastellato, acclarato coralmente dal gruppo.

In sostanza, con le ultime novità introdotte al decreto, prima del via libera a palazzo Madama, a proposito dell’offerta di lavoro “congrua”, è stato stabilito che la persona considerata occupabile è tenuta ad accettare un’offerta di lavoro quando si riferisce a un rapporto a tempo indeterminato, ovunque in tutto il territorio nazionale. Ci si riferisce a un rapporto di lavoro a tempo pieno o a tempo parziale non inferiore al 60 per cento dell’orario a tempo pieno e la retribuzione non sia inferiore ai minimi salariali previsti dai contratti collettivi.

Il decreto Lavoro ha ricevuto giovedì l’ok al senato

La persona attivabile al lavoro può dire di no quando il contratto offerto è a tempo determinato, anche in somministrazione, e contemporaneamente il luogo di lavoro è distante più di 80 km dal suo domicilio o risulta raggiungibile in oltre 120 minuti con i mezzi di trasporto pubblico. Inoltre, esclusivamente nel caso di nuclei familiari con figli under 14 viene meno l’obbligo di accettare il contratto (anche a tempo indeterminato), se per raggiungere il luogo di lavoro bisogna percorrere più di 80 Km o si impiega con i mezzi pubblici un tempo superiore ai 120 minuti.

Questi correttivi però non bastano, e sembrano contraddire in toto gli annunci pro-natalità fatti dal governo Meloni. Come si può infatti conciliare lavoro e vita privata, fare progetti per il futuro, pianificare una famiglia, se si è costretti a lasciare il comune in cui si abita per andare a lavorare in un luogo che può essere anche in una regione lontana…? Questi sono i quesiti che pone il M5s, dimenticando, però, che nei decenni precedenti erano tantissime le persone disponibili ad affrontare disagi e problemi vari, pur di trovare un assetto lavorativo, in attesa di ricongiungersi con la famiglia.

In Italia il numero dei poveri potrebbe salire a quota 700mila

Alcuni parlamentari pentastellati inoltre giudicano assolutamente insufficiente l’incremento del taglio del cuneo fiscale per i redditi fino a 35mila euro da luglio a dicembre, introdotto dal provvedimento. Infatti, secondo la Svimez, potrebbero esserci a causa dell’inflazione circa 700mila nuovi poveri. Un maggiore sforzo, dunque, da parte del governo Meloni per evitare un collasso sociale che, così stando le cose, appare inevitabile.

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