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Apple conquista il mercato cinese

Il colosso informatico di Cupertino ha stretto un’importante partnership con il Governo cinese. Ovviamente la neoalleanza non è passata in sordina ed ha generato malumori e perplessità soprattutto negli Stati Uniti.

RomaI dispositivi Apple, la grande azienda informatica di Cupertino, USA, fondata da Steve Jobs, stanno riscuotendo un grande successo di vendite in Cina, soprattutto per i suoi ultimi modelli di smartphone. Le richieste sono state talmente tante che i servizi online dell’azienda sono andati in tilt. L’anno scorso, i suoi profitti sono cresciuti del 104%, pari a 32,2 miliardi di dollari.

Tuttavia a dare una grossa mano è stato l’avallo del Partito comunista cinese (Pcc). Nel marzo scorso l’amministratore delegato dell’Apple, Tim Cook, si è recato in Cina per partecipare al “China Development Forum” di Pechino, un evento considerato la “Davos cinese“. Inutile dire che sia l’azienda che le autorità cinesi non hanno lesinato apprezzamenti a vicenda. D’altronde l’interesse è reciproco. L’azienda si è sempre più integrata nel mercato locale, mentre le autorità cinesi hanno utilizzato l’interesse della Apple verso la Cina per comunicare all’opinione pubblica mondiale l’immagine di un Paese aperto agli investimenti stranieri.

Tim Cook, Ceo di Apple.

L’azienda ha dovuto, poi, assecondare alcune esigenze di uno Stato come la Cina in cui le libertà civili e politiche sono soppresse. Ad esempio ha dovuto vietare l’uso di un’App che mostrava mappe che i manifestanti di Hong Kong usavano per segnalare i movimenti della polizia. Lo stesso è successo per altre applicazioni. Inoltre, pur sostenendo che i dati degli utenti siano al sicuro, l’azienda ha ceduto il controllo del suo data center al Governo cinese. Insomma, per crescere è dovuta scendere a patti e come ha scritto il Financial Times, il quotidiano britannico: “Forse Apple è diventata un facilitatore della sorveglianza e censura del Governo cinese”. Secondo gli esperti di dinamiche internazionali, l’azienda non solo ha esternalizzato la sua produzione in Cina. Ha fatto di più, ha relazionato la sua efficienza a una catena di approvvigionamento che attraversa in profondità il cuore pulsante dell’economia cinese.

In pratica l’azienda ha realizzato un meccanismo di fornitura e produzione così complesso, che si è legata mani e piedi alla Cina stessa. All’inizio di questo percorso sia l’opinione pubblica che il Governo statunitense non hanno dato molto peso alla questione. Ora che Pechino è diventato il rivale mondiale numero uno, la situazione è mutata. Il Partito repubblicano statunitense ha diffuso una nota secondo cui Apple è diventata così dipendente dalla Cina da non essere in grado più di esprimere i valori fondamentali americani. Anche gli investitori si sono fatti sentire, invitando Apple a diminuire la dipendenza con la Cina, perché il rapporto è indifendibile sia da punto di vista economico che morale.

Sembra molto difficile che queste richieste possano essere soddisfatte. Qualche anno fa l’azienda ha iniziato a produrre iPhone di basso livello in India, ma solo nell’autunno scorso è stata avviata la costruzione di dispositivi di fascia alta. Dunque c’è uno spostamento verso l’India dalla Cina? Non sembrerebbe, perché Apple dovrebbe distanziarsi da Pechino. E poi, pare, che nessuno a Cupertino abbia voglia di farlo né ne abbia il potere. Ora, Apple e Cina sembrano come quei due compari dove ognuno ha il suo tornaconto accordandosi, ognuno prende il proprio bottino. E poi, i nostri padri latini dicevano: “pecunia non olet” (il denaro non ha odore), quando c’è di mezzo il denaro non si va tanto per il sottile. Allora perché meravigliarsi che Apple e la Cina vadano d’amore e d’accordo?

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