Le autorizzazioni per l’utilizzo della fascia costiera non possono essere rinnovate automaticamente, ma devono essere oggetto di una procedura di selezione imparziale e trasparente secondo la direttiva dell’UE sui servizi. Ovvero tutto ciò che non è stato sino ad oggi.
Roma – Concessioni balneari nel mirino dell’Europa. E le sentenze contro l’Italia aumentano. A quella del 2016 se ne aggiunge una nuova di pacca che stabilisce, una volta di più, che le autorizzazioni per l’utilizzo della fascia costiera “non possono essere rinnovate automaticamente ma devono essere oggetto di una procedura di selezione”. I giudici di Lussemburgo ribadiscono ancora una volta ciò che prevede la direttiva in materia, quella sui servizi e avvisano l’Italia affinché provveda senza indugi.
L’obbligo, per gli Stati membri, di applicare una procedura di selezione imparziale e trasparente tra i candidati potenziali, nonché il divieto di rinnovare automaticamente un’autorizzazione rilasciata per una determinata attività sono enunciati in modo incondizionato e sufficientemente preciso dalla direttiva. Un passaggio chiarissimo, che non si presta ad equivoci. Viene in tal modo chiarito il primato del diritto Ue su quello nazionale. Insomma, le autorità amministrative sono tenute ad applicare le norme pertinenti del diritto dell’Unione, disapplicando le disposizioni di diritto nazionale non conformi alle stesse. Dunque, nessun equivoco. La disposizione che, alla luce del nuovo pronunciamento, non è possibile aggirare non mette l’attuale governo in una posizione privilegiata nel confronto, già teso, con Bruxelles.
A quanto sembra Meloni ed il governo sono decisi a difendere ugualmente un modello mai riconosciuto regolare. Le infrazioni evidenziate dall’esecutivo comunitario costituiscono comunque un avviso, anche se perentorio, onde evitare multe che indeboliscono l’economia italiana e la sua credibilità. Le solite polemiche interne non si fanno attendere. Infatti, per Rosa D’Amato, eurodeputata del gruppo Greens/EFA, “la sentenza della Corte è un monito chiaro al governo italiano affinché dia seguito alla direttiva Bolkestein. I rinnovi automatici sono fuorilegge, e bisogna fare le gare”. Secondo la parlamentare Giorgia Meloni deve smettere di fare melina, perché questo non fa altro che creare ulteriore incertezza fra gli imprenditori balneari.
“Serve semmai – afferma D’Amato – adottare un provvedimento che, nel rispetto della direttiva Ue, tuteli davvero chi ha investito a lungo termine e chi mostra oggettivi requisiti di anzianità, esperienza e correttezza sul piano normativo e del rispetto dell’ambiente”.
Il tema delle concessioni balneari è da tempo spinoso per i governi italiani e particolarmente per il centrodestra, che si è sempre schierato a favore degli attuali detentori dei diritti di utilizzo delle spiagge. Si tratta di imprenditori che nella maggior parte dei casi hanno le concessioni da anni e tendenzialmente pagano un prezzo molto basso per l’affitto. La mancanza di bandi regolari per riassegnare queste concessioni è al centro del contenzioso tra Italia e Unione europea. Come chiarito dalla Corte, a seguito della “direttiva Bolkestein” sulla concorrenza che risale al 2006, le concessioni per i beni di cui c’è una scarsità naturale non possono essere rinnovate in automatico e devono essere sottoposte a gare pubbliche.
Peraltro, secondo le norme europee gli Stati membri devono applicare una procedura di selezione tra i candidati potenziali e la concessione deve avere una durata limitata adeguata e non può prevedere la procedura di rinnovo automatico. Queste norme sono state recepite dall’Italia, ma una legge del 2018, con il governo M5s e Lega, ha previsto che le concessioni in essere fossero prorogate fino al 31 dicembre 2033, al fine di disporre del tempo necessario allo svolgimento di tutte le attività essenziali per la riforma delle concessioni, ha ricordato la Corte.
L’unica cosa da fare urgentemente è a livello nazionale procedere rapidamente con la mappatura delle spiagge. Dall’esito dipende l’eventuale applicazione della direttiva Bolkestein alle concessioni balneari italiane, in quanto è fondamentale verificare la scarsità delle risorse a livello nazionale. Una scarsità che, di fronte a ottomila chilometri di coste, sembra, senza complicati calcoli, inesistente e come tale fuorviante per l’UE.