Il presunto assassino di Luca Ventre, una guardia uruguaiana, che ha posto fine alla sua vita due anni fa, non potrà essere giudicato dalla magistratura italiana perché non ha mai messo piede nel Bel Paese.
Vicenza – Luca Ventre, l’imprenditore italiano di 35 anni residente in Uruguay, è stato strangolato da un vigilante dell’Ambasciata italiana. La Procura di Roma, che aveva avviato un’inchiesta per omicidio, è costretta ad archiviare il caso per improcedibilità. Il presunto assassino, Ruben Eduardo Dos Santos Ruiz, infatti, non ha mai messo piede in Italia dunque non può essere giudicato dalla nostra magistratura. Come dire oltre il danno anche la beffa, ma per colpa di leggi che andrebbero rivedute e corrette. Ricordiamo i fatti. Ventre, originario di Senise, nel Potentino, si trovava da circa 8 anni a Montevideo dove si era trasferito per motivi di lavoro dalla provincia di Vicenza, da Torri di Quartesolo.
L’uomo si sente braccato da diverse persone e teme per la sua vita. Quel maledetto 1 gennaio del 2021 Luca si reca, di corsa, presso l’Ambasciata italiana atteso che il giorno prima l’uomo era stato inseguito da due auto con diversi soggetti a bordo. Ventre suona il campanello, ma al citofono non risponde nessuno. Luca decide allora di scavalcare il muro di cinta ed entra all’interno dell’edificio tentando di raggiungere gli uffici e gridando aiuto: “Vogliono uccidermi. Chiedo protezione“, urla l’imprenditore ma alcuni istanti più tardi due guardie uruguaiane bloccano il cittadino italiano e lo tengono a faccia in giù sul selciato per 22 lunghissimi minuti durante i quali uno dei due guardiani gli serra un braccio intorno al collo impedendogli di respirare.
Luca vacilla, trema e sviene. Subito dopo l’imprenditore veniva trascinato a forza dai due vigilantes verso un’auto della polizia. I poliziotti lo ammanettano ma Luca sembra già deceduto, come dimostrano i video delle telecamere di sorveglianza che hanno ripreso tutte le fasi dell’aggressione mortale. Luca Ventre veniva poi trasportato in ospedale dove sarebbe morto ma un’altra versione dei fatti attesta che la vittima era già deceduta al momento del trasferimento in pronto soccorso. I medici del reparto dichiarano il decesso e gli inquirenti uruguayani aprono un fascicolo per omicidio.
Successivamente veniva effettuata l’autopsia ma il medico legale, stranamente, riteneva che il decesso fosse sopravvenuto per “eccitazione psicomotoria associata al consumo di cocaina”, nonostante il cervello presentasse uno stato edematoso compatibile con la morte da strangolamento. Gli inquirenti uruguayani però continuano a sostenere che all’Hospital de Clinicas “Dr. Manuel Quintela” l’imprenditore è arrivato vivo, anche se un’infermiera afferma il contrario. I familiari della vittima chiedono numi alla Farnesina, diretta dall’allora ministro Luigi Di Maio, pare senza ottenere risposta. Ventidue giorni dopo il delitto, a seguito di denuncia sporta dalla famiglia Ventre, il sostituto procuratore della Repubblica di Roma, Sergio Colaiocco, ipotizzando l’omicidio preterintenzionale, apre l’inchiesta e delega le indagini ai carabinieri del Ros.
Una seconda autopsia veniva effettuata dai medici italiani ed il referto risultava diametralmente opposto: Ventre è morto per “un’asfissia meccanica violenta ed esterna causata da una prolungata costrizione del collo“. La conseguente ipossia cerebrale provocava uno stato di agitazione psicomotoria e l’arresto cardiaco irreversibile, altro che cocaina. Mesi dopo si apprendeva che Luca Ventre era entrato in Ambasciata si scavalcando il muro dell’edificio, dove abita il personale diplomatico, ma pare che proprio una guardia giurata lo avesse autorizzato a parlare con i funzionari:
”La guardia ha affermato che Luca era preoccupato ma tranquillo – racconta Fabrizio, uno dei due fratelli della vittima – per questo aveva deciso di farlo entrare. In caso contrario non avrebbe mai aperto il portone che divide i due edifici. Gli ha spiegato che gli uffici consolari erano chiusi e che non c’era nessuno con cui poteva parlare. Grazie alla testimonianza della guardia è ora chiaro che l’arresto eseguito era completamente illegale”.
Rimane da verificare anche chi inseguiva Luca, chi lo voleva uccidere e perché il suo cellulare conteneva una microspia. Qualcuno voleva davvero la sua morte? Perché? Adesso però la situazione si complica e se molla la magistratura italiana chi accerterà la verità?:
”Vogliamo sapere chi minacciava la vita di mio figlio – conclude la mamma Palma Roseti – voglio giustizia e andremo sino in fondo”.