Mondiali in Qatar: 38 morti per ogni gol

Il Mondiale di calcio disputato in Qatar è stato tecnicamente tra i più belli della storia, con una finale splendida e partite spettacolari. Ma è stato anche un evento dai risvolti tragici.

Argentina-Francia è stato l’ultimo atto dei Mondiali di calcio in Qatar. Una kermesse contraddistinta da diverse peculiarità. La più eclatante è relativa al periodo di svolgimento. È stato infatti il primo della storia disputato durante la stagione autunnale. Cosa che ha fatto storcere il naso agli appassionati, ma soprattutto ai presidenti e allenatori, timorosi di dover rivoluzionare tutta la preparazione dei loro preziosi virgulti, esponendoli al rischio di infortuni nel bel mezzo di una stagione agonistica.

Nessun diritto per i lavoratori in Qatar

Altro aspetto singolare ha riguardato il Paese ospitante, il Qatar, popolato da poco meno di 3 milioni di esseri umani, dislocati su un’area pari a quella dell’Abruzzo e che ha una familiarità con il calcio pari a quella di un orso polare con il goniometro. Pochina, diciamo. Quindi perché disputarvi un Mondiale di calcio?

Il Qatar è uno Stato ricco. Ricchissimo. Sfacciatamente ricco. Fattore questo che ha avuto il suo nemmeno troppo discreto peso presso la FIFA, massimo organismo mondiale dalle cui mani si dipana l’organizzazione della rassegna iridata pallonara e tutto ciò che gravita attorno a essa. Inoltre è un Paese dal crescente peso geopolitico.

Il Qatar infatti, già in grande crescita dal dopoguerra grazie alle risorse petrolifere, ha vissuto, nei primi anni ’90, un autentico boom economico derivato dalla transizione energetica sul GNL, gas naturale liquefatto, che lo ha portato a essere uno dei Paesi a oggi più ricchi del Pianeta, sotto la guida della famiglia Al Thani che regge il Paese da due secoli.

Lo stadio Lusail, progettato dall’archistar Norman Foster.

Ma i cittadini qatarioti sono un’esigua percentuale della popolazione, c’è quindi necessità di tradurre nel Paese un abnorme numero di lavoratori stranieri, prevalentemente dal subcontinente indiano. È il loro lavoro che ha permesso di modernizzare il Paese con la costruzione di infrastrutture all’avanguardia. Tra queste gli stadi per il Mondiale, appunto, eretti ab imis in tempi record.

La storia dell’assegnazione da parte della FIFA dei Mondiali 2022 al Qatar è del tutto oscura, fatta di membri dalla dubbia moralità e di votazioni pilotate. La FIFA negli ultimi 20 anni è stata travolta da scandali e corruzione che hanno coinvolto il suo ex presidente, lo svizzero Sepp Blatter, condannato a 6 anni di squalifica con il suo sodale Michel Platini, all’epoca presidente dell’UEFA.

Il nuovo presidente Gianni Infantino, elvetico anch’egli, ha puntato molto sui Mondiali qatarioti. Il perché è presto detto: sono stati i Mondiali più ricchi della storia, 220 miliardi di dollari. Può sembrare un numero buttato lì. Per fornire un parametro più edibile, finora il Mondiale più costoso è stato quello del 2014 disputato in Brasile. Bene questo è stato 15 volte più caro. 15. Per la FIFA si stima un guadagno netto di circa 50 milioni di dollari tra diritti di ospitalità e vendita dei biglietti.

Un grattacielo di denaro che ha fondazioni nauseabonde. Un’inchiesta del Guardian ha infatti rivelato che nei cantieri faraonici degli impianti per i Mondiali 6.500 persone hanno trovato la morte, immigrati attratti dal bagliore di un salario e di un lavoro. Ma il numero potrebbe essere ancora superiore, un rapporto di Amnesty International riporta oltre 15.000 decessi dal 2010 al 2019.

Il murale con le foto dei lavoratori allo stadio Lusail. È stato rimosso all’inizio del Mondiale.

Il reclutamento della forza lavoro straniera in Qatar è basato sulla kafala. Un sistema attraverso il quale i costruttori qatarioti si assicurano la manodopera. Si basa sulla “sponsorizzazione” dell’imprenditore. Non è lo Stato a farsi carico del lavoratore, bensì è il datore di lavoro che ne detiene diritti e doveri. Così come i documenti d’identità. Ciò significa che la sorte dell’operaio è totalmente nelle mani di chi gli dà lo stipendio. Se il kafeel (datore di lavoro) fa venir meno il suo patrocinio il lavoratore, per farla breve, si ritrova senza documenti né lavoro e viene arrestato. Non occorre Stephen Hawking per capire il meccanismo perverso che questo tipo di rapporto possa aver generato.

I dettagli trapelati e resi noti in questi 10 anni sulle condizioni di vita dei lavoratori in Qatar sono abominevoli e facilmente intuibili in un Paese la cui temperatura media giornaliera da maggio a ottobre supera i 31 gradi.

Se da quella che è de facto una monarchia assoluta ricchissima, si può ahinoi paventare tra le possibilità un atteggiamento schiavistico nei confronti dei lavoratori, ciò non è tollerabile quando dietro le quinte c’è la longa manus di un’organizzazione, la FIFA, che propugna con tracotanza valori quali fair play, uguaglianza e rispetto del prossimo. La storia, ancora una volta, non ha insegnato nulla.

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