Gli intelligentoni che hanno “inventato” la nuova card dovrebbero nascondersi e fuggire nel deserto. O, meglio, ripagare i disagi che stanno provocando agli utenti d’accordo con chi li ha chiamati a svolgere un lavoro in cui hanno fallito. Nessuno paga per errori da milioni euro.
Roma – La mancanza di un microchip sta creando un parapiglia nella sanità! Il nuovo casus belli, che sta creando scompiglio tra i cittadini è la nuova tessera sanitaria. Ne sta circolando una versione con una novità visibile al primo impatto. Diversamente dalla vecchia, che tutti noi possediamo, le nuove non sono provviste del microchip che, solitamente, veniva inserito nel lato anteriore. Sembra una banalità, ma con la tecnologia che, ormai, ci segue anche nel cesso, questo fatto rischia di avere delle ricadute sui poveri utenti.
La tessera sanitaria viene utilizzata da molte famiglie per varie esigenze e per usufruire di tutta una serie di servizi. E’ notorio che essa è utilizzata per svariate incombenze che riguardano, principalmente, la Pubblica Amministrazione. In primis per l’identificazione online. La tessera, infatti, può essere usata al posto dello Spid (Sistema pubblico di identità digitale) e della Carta d’identità elettronica (Cie). Inoltre per usufruire dei servizi istituzionali online e per apporre la firma elettronica.
Con l’ultima invenzione della Scienza e della Tecnica, partorita da menti… sopraffine, tutte queste possibilità sono negate! Fino all’evento dell’ultimo colpo di genio, per prenotare e sostenere le visite specialistiche del Servizio Sanitario Nazionale, si è utilizzata la tessera sanitaria. Nelle zone del Paese dove l’uso della tecnologia è più diffuso (Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna), addirittura non esiste altro modo di prenotazione. Il risultato di questa… mirabilia è che milioni di cittadini sono alle prese con problemi non semplici, in particolar modo per chi ha in casa persone anziane, ammalati o disabili. Come recita un famoso motto popolare:
“Si chiude la stalla dopo che sono scappati i buoi”. E’ quello che è successo: si è cercato di porre rimedio quando il danno si era già consumato. Cosa hanno pensato le “teste d’uovo” della Pubblica Amministrazione italiana? Hanno invitato i circa 10 milioni di cittadini, ovvero la popolazione interessata, a cui la tessera scade nel corrente anno, di prorogare la validità fino alla fine dell’anno prossimo. Per fare questo bisogna collegarsi online a “Sistema Tessera Sanitaria”, seguendone le istruzioni. E qui casca l’asino. E’ sorta un’altra grana. Per poter prorogare la tessera c’è bisogno del codice PIN, recapitato all’utente quando la tessera è stata emessa.
Si tratta di una serie di numeri che molti cittadini hanno dichiarato di aver smarrito o chiuso in qualche cassetto di cui non se ne conserva memoria, perché utilizzato solo all’atto dell’attivazione della tessera. Non è, ad esempio, come quello del proprio bancomat, di cui se ne fa uso in continuazione e chiunque se lo ricorda. Una domanda sorge spontanea: chi li ha assunti questi tecnici, che ricevono lauti stipendi e commettono baggianate del genere? La doppia beffa è che sono pagati da noi!