42 anni fa l’omicidio di Paolo Giaccone, martire della legalità ucciso dalla mafia

Medico legale e consulente del palazzo di giustizia, rilevò nonostante le intimidazioni l’impronta di un esponente della cosca di Corso dei Mille. La sua onestà gli costò la vita.

Palermo – Sono passati 42 anni da quell’11 agosto 1982 quando Paolo Giaccone venne ucciso nel parcheggio dell’ospedale “Vincenzo Cervello” di Palermo, dove lavorava. Fu ammazzato a sangue freddo da sicari mafiosi con 5 colpi di pistola Beretta 92 parabellum, provando la comunità di una delle sue menti più brillanti e delle sue anime più alte e pure.

Nato il 21 marzo 1929 a Palermo, medico legale di straordinaria competenza, consulente del palazzo di giustizia e professore universitario presso l’Università di Palermo, Giaccone dedicò la sua vita alla scienza e alla formazione dei giovani medici, ma è la sua integrità morale che lo ha reso un eroe. La sua colpa? Non piegarsi alle pressioni del potere mafioso. Giaccone si trovò coinvolto in un caso delicato: una perizia medico-legale che avrebbe potuto incriminare un affiliato di Cosa Nostra. Aveva ricevuto l’incarico di esaminare un’impronta digitale lasciata da uno dei killer che, nel dicembre del 1981, avevano scatenato una sparatoria tra le vie di Bagheria, con quattro morti come risultato. L’impronta, che apparteneva a Giuseppe Marchese, esponente di primo piano della cosca di Corso dei Mille, era l’unica prova che poteva incastrare gli assassini.

I giornali riportano la notizia dell’omicidio

Il medico ricevette delle pressioni perché aggiustasse le conclusioni della perizia dattiloscopica. Giaccone rifiutò ad ogni invito e ad ogni minaccia, e il killer, fu così condannato all’ergastolo. Ma la sua decisione di non cedere alle intimidazioni e di mantenere la sua onestà professionale gli costò la vita.

La morte di Paolo Giaccone scosse l’intera città di Palermo e l’Italia intera, diventando un simbolo della ferocia della mafia ma anche della resistenza contro di essa. Giaccone, con la sua vita e il suo sacrificio, dimostrò che ci sono valori che vanno oltre la paura e la minaccia, valori che devono essere difesi a costo della propria vita.

In seguito il pentito Vincenzo Sinagra rivelò i dettagli del delitto, indicando come esecutore materiale il killer Salvatore Rotolo, che perciò venne condannato all’ergastolo nel primo maxiprocesso a Cosa Nostra, nel quale furono giudicati anche i mandanti dell’omicidio (Salvatore Riina, Bernardo Provenzano, Michele Greco, Francesco Madonia, Pippo Calò, Bernardo Brusca, Antonino Geraci), condannati pure alla pena dell’ergastolo.

Oggi, la memoria di Paolo Giaccone è onorata non solo nella sua città natale ma in tutta Italia. L’Istituto di Medicina Legale di Palermo porta il suo nome, come tributo a un uomo che ha incarnato l’essenza della legalità e del coraggio. La sua storia e il suo sacrificio continuano a essere portati come esempio di eroismo, integrità, moralità e suprema dedizione al dovere.

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