Uno tsunami giudiziario aveva spazzato via la giunta, un anno dopo il gip ha parzialmente smontato il quadro accusatorio.
Melito (Napoli) – Un anno fa uno tsunami giudiziario aveva spazzato via la giunta di centrodestra di Melito, popoloso comune alle porte della periferia nord di Napoli, con il primo cittadino Luciano Mottola finito addirittura in carcere. Pesantissime le accuse: scambio politico mafioso con il clan camorrista Amato-Pagano. Un anno dopo la magistratura ha smentito parte del castello accusatorio, certamente quella che aveva suscitato più clamore e pesanti conseguenze politiche.
Secondo quanto sentenziato dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Napoli Fabio Lombardo, che questa mattina ha mandato assolto l’ormai ex primo cittadino perché il fatto non sussiste, la giunta di Melito non era a disposizione della camorra come preteso dall’accusa. Che per Mottola aveva chiesto una condanna a dieci anni di reclusione. Accuse sgretolatesi anche per Rocco Marrone, ex presidente del consiglio comunale di Melito, mentre il quadro indiziario è stato ridimensionato per l’imprenditore Emilio Rostan, padre dell’ex deputata Michela Rostan (estranea all’inchiesta), e Antonio Cuozzo, ex consigliere comunale di Fratelli d’Italia. Emilio Rostan, 77 anni è stato condannato, per un episodio di corruzione, a due anni e otto mesi di reclusione. Nei confronti di quest’ultima decisione, i legali di Rostan Alfredo Capuano e Umberto de Basso de Caro hanno annunciato ricorso in appello. Al netto delle assoluzione eccellenti, non sono mancate le condanne severe di altri rinviati a giudizio, a segnare comunque soltanto un parziale accoglimento della linea della Procura antimafia.