Vogliono aumentare le accise sul diesel. Ma non dovevano toglierle?

L’ipotesi che circola è quella di un incremento di un centesimo al litro partendo da quest’anno, denari da destinare al rinnovo del contratto dei lavoratori del trasporto pubblico.

Roma – Il governo Meloni aveva esordito con la promessa dell’abolizione progressiva delle accise (l’imposta fissa inclusa nel prezzo del carburante), poi ha rallentato di brutto decidendo di non rinnovare il taglio introdotto dal governo Draghi, e adesso progetta un’inversione a U accarezzandone l’aumento.

Tra i rincari che potrebbero ulteriormente gravare sulle tasche degli italiani nel 2025, infatti, si profila l’aumento del gasolio. Circolano indiscrezioni su un possibile incremento delle accise sul diesel, in quanto il governo sarebbe alla ricerca di 500 milioni di euro per finanziare il rinnovo del contratto dei lavoratori del trasporto pubblico locale. L’idea di riallineare le accise di benzina e diesel era già emersa prima dell’approvazione della manovra, scatenando polemiche politiche e l’opposizione di consumatori e associazioni di categoria.

Di fronte alle critiche, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti aveva risposto ventilando una possibile rimodulazione progressiva delle accise. Durante una conferenza stampa, aveva scherzato: “Ho una macchina diesel, pagherò un centesimo in più al litro…”. Tuttavia, il decreto legislativo sul riordino delle accise che seguì non introdusse modifiche alle aliquote. Ora, però, il tema è tornato al centro del dibattito, poiché durante i tavoli di confronto tra il viceministro alle Infrastrutture Edoardo Rixi, i sindacati e le Regioni è emersa l’ipotesi di un incremento dell’imposta sul gasolio.

Il piano prevede, a partire dal 2025, un aumento di un centesimo al litro sul gasolio, compensato da una riduzione di pari importo sull’accisa della benzina. Nonostante questa misura sembri bilanciata, il primo anno garantirebbe un’entrata aggiuntiva di circa 200 milioni di euro. L’obiettivo di medio termine è quello di uniformare il prelievo fiscale su benzina e diesel entro cinque anni, generando un gettito di circa 600 milioni di euro annui, secondo le stime dei tecnici.

Come spiegato in autunno da Giorgetti, l’Italia è obbligata ad adeguare le accise sui carburanti per rispettare gli impegni del PNRR e le raccomandazioni dell’Unione Europea in materia di transizione ecologica. Attualmente, le accise ammontano a 73 centesimi al litro per la benzina e 62 centesimi per il diesel. Questa disparità, che rappresenta un sussidio indiretto al carburante più inquinante, vale circa 3,4 miliardi di euro. L’adeguamento è quindi finalizzato a eliminare tale agevolazione.

L’esecutivo potrebbe approvare il provvedimento nei prossimi giorni, dato che il 15 gennaio è previsto un nuovo incontro tra il viceministro Rixi e i sindacati per concludere l’accordo sul rinnovo del contratto dei lavoratori del trasporto pubblico. Le risorse derivanti dall’aumento delle accise andranno a coprire i costi del rinnovo, già approvato dalla Conferenza Unificata.

Stefano Malorgio, segretario della Filt Cgil, ha fornito i dettagli dell’accordo preliminare raggiunto con Rixi poco prima di Natale. “Il contratto riguarda autoferrotranvieri, macchinisti delle metropolitane e personale delle stazioni del trasporto locale. È scaduto il 31 dicembre 2023. L’intesa prevede un aumento di 200 euro sul livello minimo, con ulteriori 40 euro legati ad accordi aziendali sul bilanciamento tra vita e lavoro, che possono essere convertiti in due giornate di permesso.” Inoltre, Malorgio ha aggiunto che per recuperare il potere d’acquisto del 2024 è prevista un’una tantum di 500 euro.

Secondo il sindacalista, la Conferenza Unificata ha già recepito un documento che destina le maggiori risorse provenienti dalle accise al finanziamento del trasporto pubblico locale. “Il 15 gennaio il governo dovrà chiarire se questi fondi saranno disponibili, così da concludere il rinnovo del contratto.”

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