Le missive allegate ad una lettera inviata dall’associazione “Sbarre di zucchero” per veicolare il malcontento di chi non ha avuto i permessi accordati all’ergastolano.
Roma – Continua a far discutere all’interno del mondo carcerario la rapidità con cui Chico Forti ha richiesto e ottenuto il permesso di far visita alla madre 96enne. al fratello e lo zio lo scorso mercoledì 22 maggio. L’associazione Sbarre di Zucchero ha inviato una lettera al ministro della Giustizia Carlo Nordio, per veicolare il malcontento di tutti quei detenuti che vorrebbero uscire dal carcere per vedere i propri parenti ma spesso non gli viene consentito.
«Umanamente abbiamo accolto con favore la possibilità data a Chico Forti di usufruire immediatamente di un permesso di necessità, per far visita all’anziana madre e della bravura dell’Istituto penitenziario scaligero di organizzare in un batter d’occhio la traduzione a Trento», scrive l’associazione nella missiva indirizzata al ministro. Allo stesso tempo, fanno notare “ci ha umanamente rattristati ricevere decine e decine di testimonianze dei parenti dei detenuti anonimi ed ex detenuti che ci parlano di permessi di necessità mai pervenuti, nemmeno per eventi tragici come la morte di un genitore”.
Il ritorno in Italia di Forti, condannato all’ergastolo negli Stati Uniti per l’omicidio di Dale Pyke nel 1998, è stato accompagnato da un grande clamore politico e mediatico. L’ex imprenditore 65enne è detenuto nel carcere di Verona e nei giorni scorsi ha ottenuto in tempi record un permesso speciale per uscire di prigione per qualche ora e rivedere i parenti. Un permesso che ha suscitato qualche polemica anche da parte dell’Spp, il sindacato di polizia penitenziaria, che ha parlato di «amarezza e smarrimento» per la velocità con cui è stato accordato.
Ora gli altri detenuti cercano di far sentire la propria voce e rivendicano gli stessi diritti garantiti a Forti. In una delle lettere allegate alla missiva si legge: “Sono la moglie di un detenuto di Napoli non capisco perché a mio marito non è concessa una visita all’anziana mamma, mio marito è condannato a 24 anni per reato di droga e ha chiesto di poter far visita all’anziana mamma di 82 anni che non può andare in carcere ma rigettano scrivendo che non è in fin di vita”. Un’altra lettera di un detenuto recita: “Sono ai domiciliari e non mi hanno permesso di assistere alle svariate visite di mia moglie, che è in gravidanza“.