Il numero di single in Italia è in crescita, ma vivere da soli costa caro. Dall’affitto alla spesa quotidiana, quanto incide la “singletudine” sul bilancio?
Una volta vivere da single era quasi considerato un marchio negativo nell’immaginario collettivo. Col tempo il costume sociale è cambiato e, oggi, vivere da soli non viene visto più come un’onta sociale, in quanto si è diffusa la consapevolezza che ognuno è libero di vivere come gli va, senza costrizioni. Il numero di single in Italia si è incrementato e il trend cresce ogni anno.
Questo fenomeno sociale dimostra la trasformazione in atto nella società, che scaturisce da scelte individuali, ma anche da meccanismi demografici ed economici. I matrimoni in calo, l’indipendenza economica, soprattutto femminile, l’aumento dell’età media hanno costituito la triade da cui è nato il terreno fertile che ha alimentato “la vita da single”.
Circa il 50% ha più di 65 anni, di cui la gran parte sono donne vedove, che… forse cercano di vivere, finalmente, senza gli impacci e gli impicci di avere un “orso” per casa, passato a… miglior vita! Tra i single giovani a primeggiare sono i maschi, sotto i 45 anni, il doppio rispetto alle donne. Con l’avanzare dell’età si assiste ad un ribaltamento dei generi, forse perché la componente maschile rimane vittima di una sorta di… selezione naturale di darwiniana memoria.
Un aspetto che accomuna uomini e donne, cogente a qualsiasi età, è quello economico che pesa come un macigno su chi ha deciso, o è costretto dalle circostanze, a vivere da single. Il costo della vita è notevolmente più elevato rispetto a chi vive accompagnato, che, quindi, può distribuire meglio le spese. Non si tratta di lamentele raccolte in ascensore o al supermercato, ma sono i dati di una ricerca effettuata da “Moneyfarm”, una società indipendente di consulenza finanziaria.
Ebbene, un single spende, mediamente, 1972 euro al mese, mentre chi vive in due ha una spesa globale di 2816 euro, vale a dire 1408 euro a persona. Si tratta di uno scarto di 564 euro ogni mese, ossia 6700 euro all’anno, che come si dice in gergo, non sono mica noccioline. E’ un ammontare che potrebbe significare una vacanza o avere un gruzzolo per investire, ad esempio, nella previdenza complementare. La prima impressione che si ha dopo aver conosciuto i costi è che per essere single bisogna percepire una retribuzione di medio-alto livello, altrimenti sono dolori.
E’ una condizione, per scelta o situazioni contingenti, costa, comunque, tanto. Sul bilancio di un single a pesare sono i costi per la casa. Che si tratti di mutuo o di affitto, di utenze e manutenzione, il risultato è sempre lo stesso: i costi sono eccessivi, perché pesando su un solo individuo, non possono essere suddivisi con un partner.
Non c’è pace per gli utenti single, è come se ci fosse un accanimento per spillare loro quattrini. Ad esempio, quando si va a fare la spesa al supermercato, i prodotti alimentari, annusando l’arrivo dei single, aumentano i prezzi perché ne vengono acquistati piccole quantità. Inoltre non c’è spazio per promozioni a favore dei single, perché in gran parte sono orientati ai gruppi formato famiglia. E le pene non finiscono qui. Anche il cosiddetto “tempo ludico” ha costi esosi per chi oltre a vivere da solo è pure bastonato dai prezzi. Infatti, attività ricreative, cene e viaggi sono più vantaggiosi per due persone o una famiglia che per un povero… cristo. Addirittura, secondo la ricerca, più si convive, più si risparmia per il futuro.
A questo punto sorge un dubbio: con la crisi economica che attanaglia le persone, non è che molti single, vista la congiuntura sfavorevole, possono decidere di mettersi assieme per dividere le spese? E’ triste, ma potrebbe verificarsi!