Viterbo: vendono materiale informatico a prezzi stracciati evadendo Iva per 30 milioni

Otto società nel mirino della Gdf: hanno emesso fatture per operazioni inesistenti per 130 milioni di euro. Sei gli indagati.

Viterbo – Frode fiscale, otto società emettono fatture per operazioni inesistenti per un valore di 130 milioni di euro: Iva dovuta di quasi 30 milioni di euro. Lo hanno scoperto i militari del comando provinciale della Guardia di finanza in due anni di indagine, complesse e articolate, in materia di contrasto alle frodi Iva nel settore del commercio di prodotti informatici. Nel mirino dei finanzieri otto società insistenti nel territorio viterbese e romano, con riflessi in Emilia Romagna, Lombardia e Campania. Tutte compartecipanti a un sistema di frode fiscale basato sull’emissione di fatture per operazioni inesistenti, per un valore di 130 milioni di euro e un’Iva dovuta di quasi 30 milioni di euro”.

La vicenda trae origine da un’accurata attività investigativa, coordinata dalla Procura della Repubblica di Viterbo, alla quale sono seguite verifiche fiscali eseguite dai militari del Gruppo di Viterbo nei confronti di società, anche cooperative, operanti nello stesso settore merceologico del commercio di materiali informatici. Il sistema di frode permetteva ai sodali di praticare prezzi di vendita concorrenziali non per la loro capacità imprenditoriale, ma grazie all’indebito risparmio fiscale ottenuto non versando le imposte indirette, con estremo nocumento alle regole poste a tutela della concorrenza e del mercato.

Le Fiamme Gialle viterbesi hanno segnalato innumerevoli violazioni alla normativa tributaria, sia ai competenti uffici finanziari sia all’Autorità Giudiziaria, per reati di cui al D. Lgs. 74/2000, nei confronti di 6 soggetti oltre alla normativa sulla responsabilità amministrativa degli Enti.

L’attività operativa delle Fiamme Gialle, sviluppata nell’ambito del dispositivo operativo del Corpo posto a contrasto dell’evasione e delle frodi, ha consentito di bloccare il ripetersi della frode, arginare l’inquinamento del mercato e della sana imprenditoria, contribuendo quindi a ripristinare adeguati livelli di legalità, trasparenza e sicurezza pubblica. Il profitto del reato individuato supera i 10 milioni di euro.

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