Il provvedimento alla vigilia dell’8 marzo. Tra le novità anche un potenziamento dell’obbligo di distanza minima dai luoghi frequentati dalle vittime.
Roma – La data è emblematica, alla vigilia della Giornata internazionale della donna. Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera lo schema di disegno di legge con “l’introduzione del delitto di femminicidio e altri interventi normativi per il contrasto alla violenza nei confronti delle donne e per la tutela delle vittime”. Il provvedimento è in capo ai ministeri della Giustizia, dell’Interno, della Famiglia, natalità e pari opportunità e della Riforme istituzionali e semplificazione normativa. “Femminicidio – ha spiegato la ministra Roccella presentando il provvedimento – è una parola che usiamo abitualmente ma fino adesso non era mai entrata nel codice. Questa è davvero una novità dirompente, non solo giuridica ma anche sul piano culturale”. Le fa eco il ministro della Giustizia Carlo Nordio, che parla di una modifica “epocale”. La riunione si è tenuta simbolicamente alla vigilia dell’8 marzo.
Il decreto, afferma la premier Meloni, “prevede aggravanti e aumenti di pena per i reati di maltrattamenti personali, stalking, violenza sessuale e revenge porn. Norme che considero molto importanti e che abbiamo fortemente voluto per dare una sferzata nella lotta a questa intollerabile piaga. Ringrazio i ministri che hanno lavorato al provvedimento e che ci hanno permesso di raggiungere, alla vigilia della Festa della Donna, questo importante risultato”. Il provvedimento viene visto come un nuovo passo verso la nascita di un Testo Unico contro le violenze di genere. Il ddl va dunque a modificare il codice penale: al momento sono previste aggravanti per l’omicidio di una donna solamente se il responsabile è legato alla vittima dal matrimonio o da un rapporto di parentela. La nascita del reato di femminicidio non tiene invece conto di vincoli di vario tipo tra vittima e omicida.
Il provvedimento prevede quindi che “chiunque cagiona la morte di una donna quando il fatto è commesso come atto di discriminazione o di odio verso la persona offesa in quanto donna o per reprimere l’esercizio dei suoi diritti o delle sue libertà o, comunque, l’espressione della sua personalità, è punito con l’ergastolo. Fuori dei casi di cui al primo periodo, si applica l’articolo 575″ – cioè l’omicidio – che prevede una pena non inferiore a 21 anni. L’introduzione del nuovo reato, spiega la ministra alle Famiglia e alle Pari Opportunità Eugenia Roccella, serve a “rimarcare l’assoluta specificità del femminicidio che dipende da questioni strutturali della società”. Anche perché, aggiunge, “nonostante gli strumenti innovativi già adottati il numero dei femminicidi non cala, ogni tre giorni una donna muore”.
In conferenza stampa, Roccella ha evidenziato come la diversità del femminicidio dall’omicidio è dimostrata “da un’asimetria evidente fra le uccisioni di donne da parti di uomini rispetto al contrario, che sono numeri quasi inesistenti”. Non solo. Secondo la bozza del disegno di legge, nel caso di maltrattamenti di familiari o conviventi, “la pena è aumentata da un terzo alla metà se il fatto è commesso come atto di discriminazione o di odio verso la persona offesa in quanto donna o per reprimere l’esercizio dei suoi diritti o delle sue libertà o, comunque, l’espressione della sua personalità”. Negli stessi casi, la pena è aumentata da un terzo a due terzi per quanto riguarda le minacce e il revenge porn. Attualmente i reati di maltrattamenti in famiglia sono puniti con la reclusione da tre a sette anni, pena che aumenta nel caso siano coinvolti minori, donne in stato di gravidanza o disabili. Novità anche per quanto riguarda il distanziamento imposto dal giudice dall’abitazione della vittima e dai luoghi che abitualmente frequenta, che verrebbe esteso oltre i 500 metri previsti al momento.
Scatta anche l’obbligo di audizione da parte del pm (e non della polizia giudiziaria) della vittima di reati del Codice rosso, che vanno dallo stalking allo stupro, su sua richiesta. Si introduce poi un altro obbligo a carico delle procure, che dovranno sentire il parere delle vittime (seppur non vincolante) sulle eventuali richieste di patteggiamento, sempre per i reati del Codice rosso. Previsto poi il rafforzamento di alcuni elementi di carattere repressivo, a partire dall’ampliamento degli arresti domiciliari per i colpevoli di violenza. Nel testo rientrerebbe anche un potenziamento delle comunicazioni informative sui propri diritti alle parti offese, insieme a “un’attenzione alla formazione dei magistrati”, spiega la ministra Roccella: “Il problema è intervenire prima del fattaccio, prima che ci sia il femminicidio, con gli strumenti delle misure cautelari in modo intelligente accorgendosi subito di quanto sta avvenendo”.
Si introduce l’obbligo per i magistrati di partecipare ad almeno uno specifico corso tra quelli organizzati dalla Scuola superiore della magistratura, indipendentemente dalla appartenenza a gruppi o sezioni specializzate in materia e dalle funzioni svolte. Secondo Il Sole 24 Ore il governo starebbe pensando anche a una norma per impedire casi simili a quello denunciato dalla madre di Giulia Galiotto, uccisa nel 2009 dal suo ex compagno. I genitori della donna avevano sottolineato come il Fisco avesse chiesto loro di pagare le imposte sul risarcimento a cui era stato condannato l’omicida, nonostante loro non lo avessero mai ricevuto. Si starebbe dunque pensando all’abolizione dell’imposta di risarcimento.
L’ultima iniziativa del governo sul tema della lotta contro la violenza sulle donne, a novembre scorso, con il decreto giustizia varato dal Consiglio dei ministri, in cui era stata ulteriormente potenziata l’efficacia dell’utilizzo dei braccialetti elettronici “come strumento di controllo delle misure cautelari”. Il ministro della Famiglia e Pari Opportunità Eugenia Roccella aveva spiegato come fossero state esplicitate “le procedure di accertamento che la polizia giudiziaria deve compiere per verificare il corretto funzionamento dello strumento per ogni singolo caso, imprimendo un’accelerazione con la fissazione a 48 ore del termine entro cui questi accertamenti devono essere compiuti”.
E ancora, il ministro aveva sottolineato come fossero state inasprite le conseguenze in caso di comportamenti che artatamente determinino un malfunzionamento del braccialetto. Si tratta di un ulteriore passo avanti – aveva fatto notare – per rendere ancora più efficaci la prevenzione e il contrasto di questa piaga, fermando le situazioni di violenza prima dell’irreparabile”. Due mesi fa il malfunzionamento dei braccialetti elettronici era finito sotto accusa. Una prima volta era finito al centro di una interrogazione parlamentare di Avs dopo il caso di femminicidio avvenuto a Torino dove un uomo portatore di braccialetto elettronico aveva ucciso a coltellate l’ex moglie, Roua Nabi di 34 anni. Si era scatenata la polemica. Luana Zanella chiese conto del funzionamento dei braccialetti elettronici.
Poi l’allarme sulla scia inarrestabile dei femminicidi, lanciato dalla prima presidente della Cassazione, Margherita Cassano, nel suo intervento alla inaugurazione dell’anno giudiziario. “Sono in progressivo, costante aumento nell’ultimo triennio i cosiddetti reati “spia” come la violenza sessuale, i maltrattamenti in famiglia e lo stalking, dei quali i femminicidi costituiscono spesso il tragico epilogo, nonché gli altri reati ricompresi nel cosiddetto “codice rosso” – aveva sottolineato – come la violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa + 18%; diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti + 1%; costrizione o induzione al matrimonio + 21%; deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti + 3%. I dati continuano ad essere allarmanti, in quanto espressione di una perdurante, angusta concezione della donna quale oggetto di possesso e dominio da parte dell’uomo”.