Via l’abuso d’ufficio e stretta sulle intercettazioni, sì del Senato al ddl Nordio

Il testo passa all’esame della Camera. Il viceministro Sisto: “Siamo a metà dell’opera”. Scarpinato: “Non risponde a interesse cittadini”.

Roma – La riforma Nordio ottiene il primo via libera in Senato. Il testo che si compone di nove articoli ha ricevuto 104 voti a favore e 56 contrari e ora passa all’esame della Camera. Tra le novità, il reato d’abuso d’ufficio spazzato via, il perimetro del traffico di influenze illecite notevolmente ridimensionato e un giro di vite sulla pubblicazione delle intercettazioni. È l’articolo 1 del disegno di legge firmato dal Guardasigilli a contenere la modifica al codice penale più discussa del provvedimento: l’abolizione dell’abuso d’ufficio, reato commesso da chi abusa del proprio potere mentre ricopre un incarico pubblico e proprio per questo finito da anni nel mirino di sindaci e amministratori locali di tutti gli schieramenti colori politici.

Particolarmente contestato dalle opposizioni anche l’articolo 2, quello che introduce una stretta sulla pubblicazione delle intercettazioni, ammessa “solo nel caso in cui il contenuto delle stesse sia stato riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento e venga utilizzato nel corso del dibattimento“. Pertanto per la polizia giudiziaria sarà vietato “riportare nei verbali d’intercettazione i dati relativi a soggetti diversi dalle parti, salvo che risultino rilevanti ai fini delle indagini”, così come “per il giudice sarà vietato acquisire nello stralcio le registrazioni e i verbali di intercettazione che coinvolgano soggetti diversi dalle parti, salva la dimostrazione della loro rilevanza”.

E anche per il pubblico ministero ci sarà il divieto di “indicare nella richiesta di misura cautelare i dati personali di soggetti diversi dalle parti coinvolti in conversazioni intercettate, salvo che ciò sia indispensabile per la compiuta esposizione. Stesso divieto è previsto per il giudice nell’ordinanza di misura cautelare”.

Il disegno di legge introduce sempre all’articolo 1 una modifica del reato del traffico di influenze illecite: da un lato sono esclusi tutti casi di “millanteria”, dall’altro viene aumentato il minimo della pena che sale a 1 anno e 6 mesi. Nella nuova configurazione il reato prevede “che le relazioni del mediatore con il pubblico
ufficiale debbano essere effettivamente sfruttate e non solo vantate, e debbano essere esistenti e non solo asserite”. Inoltre “l’utilità data o promessa deve essere di natura economica, il denaro o altra utilità deve essere data o promessa per remunerare il pubblico ufficiale o per far realizzare al mediatore una
mediazione illecita”.

Il testo approvato dal consiglio dei ministri a fine giugno scorso prevedeva anche una ‘stretta’ sulla custodia cautelare in carcere: a stabilirla non sarà più un unico gip, ma un collegio di tre giudici. La misura resterà tuttavia “congelata” per due anni perché legata all’assunzione straordinaria di 250 nuovi magistrati. Novità anche sull’avviso di garanzia, che dovrà limitarsi a una “descrizione sommaria del fatto” e dovrà essere
notificato con modalità a tutela dell’indagato. Per la pubblica accusa, inoltre, non sarà possibile ricorrere in appello contro sentenza di assoluzione per reati a citazione diretta. Infine scatta l’obbligo per il pm di “interrogatorio preventivo” prima che scatti l’arresto dell’indagato.

Una riforma che ora passa all’esame di Montecitorio e che, afferma il viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto “segna un passo in avanti nel raggiungimento degli obiettivi. Siamo già a metà dell’opera.  Siamo convinti che il passaggio alla Camera si svolgerà con la stessa serietà e con lo stesso senso di responsabilità , rispettando l’impegno solenne che abbiamo preso con i cittadini: riformare la giustizia per renderla più
giusta”.

Il viceministro Sisto

Entusiasta anche Matilde Siracusano, sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento e deputata di Forza Italia. “Il governo e la maggioranza, su input del Guardasigilli, hanno costruito un provvedimento moderno – afferma – che riforma in modo intelligente e preciso la giustizia penale. Garantismo e presunzione di innocenza sono i punti cardine che hanno guidato la nostra azione. Basta con i processi sommari, stop con la spettacolarizzazione mediatica delle vicende giudiziarie”.

Opposta la visione del senatore del M5S, Roberto Scarpinato, che in Aula a Palazzo Madama, in dichiarazione di voto ha acceso lo scontro: “Questa riforma – ha detto – non risponde agli interessi dei cittadini, ma a altri. È una tappa di un disegno politico che vuole riscrivere l’ordinamento statale e il sistema penale. Una cosa conforme alla visione classista di questa maggioranza, emblematica è l’abolizione del reato dell’abuso di ufficio”.

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