Il sindacato racconta del sequestro in cella di cocaina e hashish. Da Caserta a Biella il viaggio della droga e l’allarme sul Fentanyl.
Verona – “Il carcere di Montorio come una piazza di spaccio”. La denuncia è del Sappe, Sindacato autonomo di polizia penitenziaria che racconta di una situazione allarmante. “È oramai continua l’azione di contrasto per l’introduzione, la detenzione e l’uso di telefoni cellulari e droga in carcere che vede quotidianamente impegnati gli uomini e le donne del Corpo di Polizia penitenziaria di Verona”.
L’ultimo grave episodio lo denuncia Gerardo Notarfrancesco, segretario del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria: “Nella giornata di venerdì 13 settembre a seguito di accertamenti info-investigativi si è provveduto a una perquisizione straordinaria, con l’ausilio del personale unità Cinofili, in una sezione del reparto detentivo dove è stata rinvenuta droga, cocaina e hashish, il tutto ben occultato all’interno delle celle, droga che sicuramente sarebbe stata utilizzata ai fini di spaccio all’interno dell’istituto di Verona”. Il sindacalista spiega che “a seguito della perquisizione, due detenuti sono stati denunciati a piede libero mentre un altro detenuto e stato tratto in arresto”.
Una operazione, aggiunge il segretario che “assume un significato particolare in questo delicatissimo momento, per un corpo di Polizia che professionalmente opera nella società e per la società, ed è la testimonianza che la Polizia Penitenziaria, che oltre a partecipare attivamente all’opera di rieducazione e trattamento, svolge con abnegazione e competenza l’attività di Polizia”. Il sindacalista racconta che è un fenomeno sempre più in crescita di quello dei tentativi di introduzione di sostanze stupefacenti a livello nazionale negli Istituti di pena che di materiale atto alle comunicazioni, come i telefonini.
Donato Capece, segretario generale del Sappe rinnova al Dap la richiesta di “interventi concreti come, ad esempio, la dotazione ai Reparti di Polizia Penitenziaria di adeguata strumentazione tecnologica di ultima generazione per contrastare l’indebito uso di telefoni cellulari o ogni altra strumentazione elettronica da parte dei detenuti nei penitenziari italiani”.
A febbraio scorso la vicenda che ha riguardato il carcere di Carinola, in provincia di Caserta. In questo caso droga e cellulari erano all’interno di confezioni sottovuoto di salumi e formaggi. I carabinieri di Capua hanno scoperto un vasto traffico di sostanze stupefacenti, sim e dispositivi telefonici tra i detenuti. Sono in tutto 14 le persone poste in custodia cautelare in carcere e agli arresti domiciliari, tutte indiziate dei reati di “detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti” nonché “accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione” presso il carcere di Carinola. E ancora, tre mesi dopo un altro caso a Velletri. Cocaina e hashish in carcere, ben nascosti, insieme a generi alimentari confezionati sottovuoto e beni di prima necessità, all’interno di pacchi destinati ai detenuti.
Sono entrati così per mesi, tra il gennaio e il giugno 2023, nel carcere di Velletri gli stupefacenti, per un giro di circa 80mila euro. A gestirlo erano alcuni dei detenuti stessi, che potevano contare sulla complicità di amici e parenti. Il vasto traffico, scoperto dai carabinieri di Velletri, ha portato all’arresto di 33 persone per lo più italiane (5 sono donne). Infine un anno fa la scoperta di un market degli stupefacenti nel carcere di Biella. Per questa vicenda sono state eseguite 53 ordinanze cautelari (33 in carcere e 15 agli arresti domiciliari). La polizia ha stroncato lo spaccio all’interno del carcere di Biella.
E non va sottovalutato neppure l’allarme lanciato dal ministro della Giustizia Carlo Nordio sulla circolazione nelle celle del Fentanyl, la “droga degli zombie”. Alla conferenza stampa di presentazione a palazzo Chigi della Relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia, il Guardasigilli aveva annunciato: “Abbiamo disposto una mirata attività di monitoraggio sulla diffusione all’interno degli istituti penitenziari sia sull’utilizzo del farmaco che sulle prassi di somministrazione”.
Sull’attività avviata da via Arenula, il ministro Nordio ha spiegato che i provveditorati regionali sono stati invitati a comunicare agli istituti di propria competenza diverse informazioni: tra l’altro, i quantitativi di farmaci fentanyl presenti nelle infermerie, e in quali forme; quanti sono i pazienti ai quali viene prescritto il farmaco (in forma anonima), la tipologia di trattamento sanitario e le dosi quotidianamente distribuite. Ma anche informazioni sulle modalità operative di circolazione del farmaco: se per esempio i “cerotti” vengono riconsegnati dal paziente dopo l’uso, ovvero se rimangono nella sua disponibilità. Questo, per intervenire sul rischio che “i cerotti vengano scambiati tra persone detenute”.