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Verona, frode fiscale sui “bonus facciate” da 19 milioni: in manette imprenditore [VIDEO]

Operazione della Gdf che ha scoperto il giro di fatture false riguardante 4 società e a un hotel a Malcesine riconducibili a lui.

Verona – Una maxi frode sul bonus facciate e un giro di fatture false hanno fatto finire nel mirino della Guardia di Finanza un noto imprenditore – finito in manette – per l’ingente frode fiscale ai danni dello Stato. I militari della Tenenza di Bardolino hanno condotto una mirata analisi di rischio che ha consentito di individuare quattro società, di cui tre attive nel settore dell’edilizia e una proprietaria di un hotel a Malcesine, tutte riconducibili a un imprenditore veronese, le quali – tra il novembre 2020 e l’aprile del 2021 – hanno maturato e ceduto crediti d’imposta per diversi milioni di euro scaturenti dal “bonus facciate”, intrattenendo rapporti economici con soggetti che non avevano adempiuto agli obblighi dichiarativi, classificati quindi “evasori totali”.

Le quattro società facevano parte di un articolato sistema di false fatturazioni – che ha visto coinvolte altre 30 società appartenenti al sodalizio criminale – finalizzato, oltre che alla frode fiscale, anche all’ottenimento illecito di finanziamenti bancari e fittizi crediti d’imposta per bonus edilizi. Secondo quanto ricostruito, infatti, il “giro” di fatture false ha permesso al sodalizio criminale di acquisire liquidità illecita dalle banche mediante finanziamenti (anche garantiti dallo Stato), anticipi fatture e ricevute bancarie.

Nei confronti dell’imprenditore sono emersi elementi concreti che ne lasciavano presagire il pericolo di fuga all’estero e la reiterazione dei reati. La Procura ha emesso, pertanto, un “decreto di fermo di persona indiziata di delitto”, prontamente notificato dai militari al responsabile, che successivamente è stato posto (ed è tuttora) agli arresti domiciliari. L’esito delle attività ispettive eseguite nei confronti delle quattro società ha permesso ai finanzieri di Bardolino di constatare complessivamente una base imponibile sottratta a tassazione per circa 19,5 milioni di euro, IVA dovuta per oltre 2,6 milioni di euro e l’indebita cessione di crediti d’imposta per “bonus facciate” per circa 1,9 milioni di euro.

Le fatture portate “allo sconto” venivano ripartite tra banche diverse evitando di concentrare le richieste presso un singolo istituto per non far nascere sospetti. Alla scadenza degli anticipi, le società dell’imprenditore ripianavano il debito con il denaro ottenuto da società “affiliate”, che nel frattempo avevano “scontato” le proprie fatture presso altri istituti di credito, creando un “giro” di fatture false di importo sempre maggiore, in un continuo gioco al rialzo. I finanziamenti e gli anticipi ottenuti venivano distratti e convogliati su conti esteri con il conseguente fallimento delle società, fortemente indebitate poiché, di fatto, non lavoravano né producevano reddito alcuno e scontavano esposizioni milionarie verso le banche. In tale meccanismo patologico, anche lo Stato ci ha rimesso.

Le banche infatti hanno escusso la garanzia statale di Mediocredito Centrale (Fondo garanzia PMI) su buona parte dei finanziamenti; il debito, pertanto, è rimasto a carico dello Stato, con impossibilità di alcun recupero a causa dell’assenza di attività liquidabili. Non solo. False fatturazioni sono state accertate anche nei confronti di ignari soggetti privati, per lavori mai eseguiti, col fine di ottenere crediti d’imposta mediante fatture emesse con “sconto in fattura”. I falsi crediti d’imposta venivano utilizzati in compensazione delle imposte dovute ovvero successivamente monetizzati nella misura di circa l’80% mediante cessione a terzi acquirenti, tra cui le stesse banche, procurando un ingente profitto illecito.

Un profitto che è in parte servito per finanziare, tramite una delle quattro società indagate, l’acquisto di una struttura alberghiera a Malcesine per circa 2 milioni di euro, successivamente rivenduta e che, a sua volta, ha beneficiato del bonus ristrutturazioni per lavori mai eseguiti da parte delle società oggetto d’indagine. Inoltre, successivamente all’avvio dei controlli fiscali, il Tribunale di Verona ha decretato la liquidazione giudiziale di una delle quattro società, con conseguente denuncia del responsabile per bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale in danno, principalmente, dello Stato e degli istituti di credito.

Per far apparire la propria azienda in salute ed ottenere finanziamenti bancari, infatti, la società era stata ricapitalizzata, tra l’altro: attraverso la falsa rivalutazione, per 250 mila euro, di un capannone industriale di proprietà quando il suo valore di mercato era 10 volte inferiore; l’apporto di disponibilità liquide per 325 mila euro depositate presso un trust svedese di Stoccolma, rapporto rivelatosi del tutto fittizio e inesistente.

L’imprenditore è stato, quindi, denunciato alla Procura della Repubblica di Verona per i reati di frode fiscale, falsa fatturazione, truffa ai danni dello Stato, riciclaggio ed autoriciclaggio delle somme illecite, con contestuale proposta di adozione di provvedimento di sequestro preventivo per complessivi 4 milioni di euro e di irrogazione delle sanzioni previste dal d.Lgs. 231/2001 in dipendenza degli illeciti da reato commessi dagli amministratori di società.

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