Uccide la zia “con gli spaghetti” per l’eredità, Tribunale conferma domiciliari

L’avvocato Carmelo Peluso: “Nessun commento, attendo le motivazioni della decisione. Tra nipote e prozia c’era affetto e intesa”.

Catania – Resta ai domiciliari, con l’obbligo dell’uso del braccialetto elettronico, Paola Pepe, la 58enne arrestata da carabinieri il 22 febbraio scorso con l’accusa di circonvenzione di incapace e di omicidio aggravato della prozia Maria Basso, di 80 anni. Lo ha deciso il Tribunale del riesame di Catania che ha rigettato la richiesta del difensore della donna, l’avvocato Carmelo Peluso, e confermato l’ordinanza di custodia cautelare. Il legale non commenta la conferma della misura: “Occorrerà attendere 45 giorni per le motivazioni”, ma tiene a rimarcare la linea difensiva.

La vittima

Peluso ha sostenuto fin dall’inizio che tra le due donne c’era affetto e intesa, tanto che la vittima considerava la Pepe “una figlia mancata”, e che insieme “hanno fatto viaggi e vacanze”. “Se la signora Basso è morta per l’ingestione di cibo solido – è tornato a rimarcare il penalista – bisogna tenere presente che non si può uccidere una persona disfagica facendole mangiare degli spaghetti perché non li può deglutire. Ha mangiato spaghetti triturati e fatti a poltiglia così come ha fatto altre decine di volte”.

Secondo l’accusa, incentrata sulle indagini effettuate dai carabinieri di Aci Castello, l’indagata avrebbe provocato la morte della donna per entrare in possesso della sua eredità. Secondo la ricostruzione della Procura, con l’inchiesta coordinata dall’aggiunto Sebastiano Ardita e dal sostituto Michela Maresca, l’indagata, alcuni giorni prima del decesso, avrebbe invitato Maria Basso a pranzo fuori, con l’80enne che avrebbe mangiato spaghetti e un dolce, nonostante una malattia invalidante l’obbligava a ingerire soltanto cibo omogenizzato. E questo ne avrebbe “cagionato la morte per polmonite ‘ab ingesti’, ricostruisce la Procura di Catania che le contesta l’omicidio aggravato al “fine di conseguire il profitto legato alla circonvenzione di incapaci” della vittima.

“Attendiamo con fiducia il processo, dove porteremo le prove che discolpano Paola Pepe, travolta da un tornado e già data per condannata – conclude l’avvocato Peluso -. La mia assistita rischia l’ergastolo ma confido nel buon esito del processo”.

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