Alessandro De Felice

U-BOOT: ALZATE LE MANI, E’ RESA!

Il sommergibile U–977 a tre mesi dalla fine della guerra riemerge in acque territoriali argentine

È l’8 maggio del 1945. Dal quartier generale di Amburgo il Grossadmiral (Grand’ammiraglio) Karl Doenitz, comandante supremo della Kriegsmarine (la marina da guerra tedesca), dirama via radio l’ordine d’immediata resa per tutti quei sommergibili del Reich che in quel momento si trovano ancora in missione.
Le direttive sono quelle di emergere e navigare in direzione del porto alleato più vicino.

Heinz Schaeffer U-977 book

 

Al momento del radiomessaggio vi sono ancora diverse decine di unità in missione negli immensi scacchieri operativi del Mare del Nord, dell’Oceano Atlantico e dell’Oceano Indiano. Dopo la resa dell’ultimo sommergibile mancheranno però all’appello degli angloamericani ancora diversi U–Boot, di cui non si saprà più nulla.

La documentazione fornita in proposito dalla Kriegsmarine ai vincitori è incompleta; gli alti comandi tedeschi si giustificano con il fatto che negli ultimi concitati mesi di guerra non era stato più possibile tenere il conto delle unità affondate e che pertanto gli U–Boot mancanti sono da ritenersi affondati proprio in quei disperati mesi di guerra.

kriegsmarine

Alle ore 9,00 del 17 agosto 1945, a otto miglia dalla costa del Mar del Plata, emerge, davanti agli increduli occhi di alcune unità navali argentine che stanno rientrando in porto, la sagoma di un sottomarino nazista.
Il sommergibile, sulla cui poppa sventola la bandiera con la svastica, rimane in emersione, ed a macchine «avanti mezza» si dirige verso le navi sudamericane.
Con segnali luminosi si identifica come l’U–977. Il suo comandante, l’Oberleutnant zur See (sottotenente di vascello) Heinz Schaeffer, chiede di potersi arrendere. Il sottomarino è internato nel porto militare di Mar del Plata, dove si trova alla fonda un’altra unità tedesca, l’U–530, anch’esso arresosi alle autorità argentine il 10 luglio 1945.

karl doenitz

 

Schaeffer ed il suo equipaggio sono trattenuti come prigionieri di guerra in base ad un accordo stipulato in materia fra l’Argentina e gli USA. Seguono gli interrogatori, condotti prima dagli ufficiali della marina argentina e poi da quelli statunitensi. Schaeffer, alla domanda perché abbia scelto, in accordo con gli uomini del suo equipaggio, di arrivare in Argentina per arrendersi contravvenendo agli ordini dell’ammiragliato tedesco, risponde di aver agito nella convinzione che il trattamento dei prigionieri di guerra sarebbe stato migliore in questo Paese, il cui governo, durante il conflitto, anche se non ufficialmente, aveva tenuto sempre una posizione filotedesca.

Spedizione tedesca in Antartide

Ma come aveva fatto un U-boot solitario, senza l’appoggio di navi cisterna di rifornimento e della ricognizione aerea, con gli alleati ormai incontrastati padroni dei mari e dei cieli, a percorrere 7.644 miglia marine e ad approdare in Argentina a tre mesi e mezzo dalla fine della guerra, dopo sessantasei giorni in immersione ininterrotta e 107 giorni complessivi di navigazione?

È a questo interrogativo che abbiamo dedicato nel 2015, dopo esser stati in Argentina nel 2010, una ricerca intitolata, vero e proprio saggio storico di geopolitica internazionale concernente la misteriosa spedizione nazista in Antartide nel 1938-1939; organizzata  su ordine del Generale Feldmarschall Hermann Göring, capo della Luftwaffe tedesca, venne affidata come incarico per un progetto quadriennale al direttore ministeriale del consiglio di Stato Wohlthat, da questi ideata prima e seguita poi nelle sue fasi.   Committente dell’impresa fu la comunità di ricerca tedesca (Deutsche Forschungs-gemeinschaft) di Berlino

Deutsche Antarktische expedition

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