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Giulia morì dissanguata: le prime indiscrezioni sull’autopsia

Così l’esame sul corpo della giovane assassinata dall’ex fidanzato Filippo Turetta. L’interrogatorio del ragazzo davanti al pm è durato nove ore: “Mi è scattato qualcosa in testa”.

Verona – Giulia Cecchettin è morta per dissanguamento, sembra dopo la rescissione dell’aorta, colpita da Filippo Turetta con tantissime coltellate e tutte profonde. Ed è stata uccisa subito dopo la lite sabato 11 novembre, quindi era già morta quando è stata portata nel canalone del lago di Barcis dove poi, una settimana dopo, il cadavere è stato trovato. Queste le prime indiscrezioni dopo l’autopsia svolta stamani nei locali dell’Università di Padova.

I consulenti medico-legali nominati dalla procura di Venezia e dalla famiglia della vittima – rispettivamente Guido Viel del dipartimento di Anatomia Patologica dell’Università di Padova per la Procura, e Stefano D’Errico, direttore di Medicina legale dell’Azienda sanitaria universitaria Giuliano Isontina e l’entomologo Stefano Vanin per i Cecchettin – sono ancora all’interno della struttura. Per consentire agli specialisti di effettuare ulteriori accertamenti, l’esame autoptico potrebbe proseguire anche nella giornata di domani, rimandando così ulteriormente la data dei funerali della ragazza. Saranno effettuati, inoltre, nelle prossime settimane alcuni accertamenti irripetibili, come quelli sulle tracce di sangue e sulla macchina e sui coltelli, tutti affidati al Ris di Parma.

Giulia Cecchettin

Un possibile black out mentale di Filippo dietro il delitto?

Oggi è stato anche il giorno dell’interrogatorio di Filippo nel carcere di Montorio Veronese, dove il giovane per ben nove ore (dalle 11 di stamani fino alle 20 di stasera) ha risposto alle domande del pm di Venezia Andrea Petron. Il 21enne, intervallando lunghe pause e lacrime a risposte più articolate alle domande, ha esposto la sua versione dei fatti di quel terribile 11 novembre costato la vita a Giulia. Nel racconto non sono mancati momenti di vuoto e incongruenze, risolte con un semplice “non ricordo”, e poi un “mi è scattato qualcosa in testa” nel tentativo di spiegare l’orrore.

Già nei giorni scorsi in un foglietto, letto davanti al giudice Benedetta Vitolo, Filippo aveva fatto cenno ad un possibile black out mentale, spiegando di stare cercando di ricostruire “nella memoria” cosa gli è “scattato” in testa quella maledetta sera dell’11 novembre, tra il parcheggio di Vigonovo a pochi passi da casa della ragazza, dove Giulia sarebbe stata aggredita una prima volta, e quello del centro commerciale di Fossò, dove sarebbe stata finita a coltellate. “Voglio parlare”, ha detto Filippo ai suoi legali, gli avvocati Giovanni Caruso e Monica Cornaviera, nei colloqui in carcere dei giorni scorsi. Bisogna ora vedere quale sarà la strategia della difesa, che potrebbe puntare sul riconoscimento almeno parziale dell’infermità mentale.

Mentre attende il trasferimento nella sezione “protetti” del penitenziario, a sua tutela, il giovane potrebbe essere sentito nuovamente dagli inquirenti nei prossimi giorni. Potrebbero servire altre ore di interrogatorio per fare definitiva chiarezza su tutti i dettagli.

Giulia, messaggi e testimonianze confermano che aveva paura

Intanto stamani il padre e la sorella di Giulia, attraverso i loro legali, hanno raccolto messaggi Whatsapp e testimonianze delle persone più vicine a lei, che nell’ultimo mese almeno aveva sempre più “timore” dei comportamenti dell’ex fidanzato, delle sue parole che, come ha confidato, suonavano “come un ricatto”. Una “persecuzione”, secondo gli elementi acquisiti, fatta di “pedinamenti” e di un tentativo di isolarla “dalla famiglia e dagli amici”.

Elena, la sorella di Giulia, commenta su Instagram: ‘I commenti non mi toccano’

“Grazie per le parole d’affetto. Comunque non preoccupatevi, che le parole sui giornali e commenti non mi toccano. Sono solo “conspiracy theories”. So cosa pensa chi mi vuole bene, e prima di tutti c’era Giulia”, ha scritto in una ‘storia’ su Instagram Elena, sorella di Giulia.

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