Turetta in aula: “Il mio piano era rapire Giulia, farle del male e ucciderla”

Filippo, incerto e confuso, risponde con frasi brevi. Tiene gli occhi bassi, piange e ammette di aver premeditato tutto. “I coltelli? Li ho messi in auto per aggredirla”. Gino Cecchettin: “Ora abbiamo capito chi è davvero”.

Venezia – Filippo Turetta è comparso oggi nell’aula della Corte d’Assise di Venezia per essere interrogato in qualità di imputato nel processo per l’omicidio della sua ex fidanzata, Giulia Cecchettin. Tra le parti civili, era presente il padre della giovane, Gino Cecchettin, mentre la sorella Elena ha deciso di non partecipare, spiegando la propria scelta sui social: “Devo tutelare la mia salute fisica e mentale. Sono più di undici mesi che continuo ad avere incubi, undici mesi che il mio sonno è inesistente o irrequieto”.

Questa è la prima volta che Turetta lascia il carcere, dove è detenuto da un anno a Verona, dopo il suo arresto avvenuto il 19 novembre 2023 in Germania. Scortato dalla polizia penitenziaria, il giovane è entrato in aula con pantaloni neri e una felpa grigia con cappuccio, tenendo in mano una cartellina contenente dei documenti. Prima di sedersi accanto ai suoi avvocati, Giovanni Caruso e Monica Cornaviera, si è guardato attorno per qualche istante, incrociando lo sguardo con i giudici, senza notare il padre di Giulia Cecchettin tra il pubblico.

Filippo Turetta in aula

Nel corso dell’interrogatorio, Turetta è apparso incerto e confuso, parlando a testa bassa e rispondendo a domande con frasi brevi. “Voglio raccontare tutto ciò che è successo; durante il primo interrogatorio non ho detto la verità”, ha ammesso. In carcere ha redatto un memoriale di 90 pagine, su consiglio dei suoi avvocati, per fissare i ricordi che affioravano, spiegando che alcune cose non riusciva a descriverle subito.

Il giovane ha ammesso di aver detto, nel primissimo interrogatorio davanti al pm, soltanto bugie. E quando il pm Andrea Petroni gli ha chiesto spiegazioni sulla lista di oggetti da acquistare, tra cui scotch e coltelli, indice per la Procura della premeditazione, Turetta ha confermato il suo piano criminale: “Quando ho compilato quella lista, avevo pensato di rapirla, trascorrere del tempo con lei, farle del male e poi ucciderla. Ho cercato sul web scotch e manette adatti a immobilizzarla”. Anche i coltelli li aveva messi in auto prima di quel fatale 11 novembre: “I coltelli li ho messi in auto in quella settimana, deve essere stato uno di quei giorni: mercoledì, giovedì o venerdì… E non li ho messi per suicidarmi, come ho detto nel primo interrogatorio, ma sempre al fine di eventualmente aggredirla”.

Turetta descrive l’omicidio: “Colpivo a caso…”

Turetta ricostruisce la genesi dell’omicidio e la sua dinamica, che matura e di consuma in maniera confusa. Parla a testa bassa e a tratti piange. Nel corso dell’udienza emerge che nei giorni precedenti l’omicidio, in una gelateria di Padova, Turetta aveva litigato con Giulia perché voleva tornare insieme a lei, e di averle dato uno schiaffo a una coscia. Quindi si parla di come quella sera lei è stata uccisa. “Non lo so, forse l’ho colpita, può essere per questa…non mi ricordo se l’ho fatto o meno in quel momento, ricordo che avevo il coltello in mano e poi si è rotto il manico, forse l’ho colpita…“, dice mentre in aula vengono mostrate le foto delle macchie di sangue lasciate sull’asfalto del parcheggio di Vigonovo, dove è avvenuta la prima aggressione. Turetta costringe Giulia a salire in auto. E qui “devo essermi girato e – racconta in aula – devo averla colpita anche in macchina. Lei si muoveva e volevo farla stare ferma, l’ho colpita ma non ricordo come…forse un colpo sulla coscia, poi non lo so. Non ricordo quante volte, almeno una volta l’ho colpita poi non so dire quanto e dove…non guardando bene, davo colpi a caso”. Sempre a Vigonovo Turetta aveva tolto il cellulare a Giulia. “Penso di averlo preso io era nella borsetta che le avevo tolto per impedire che lo usasse”. Lo butterà più tardi gettandolo dal finestrino: “Dopo Fossò, l’ho buttato dal finestrino, assieme al coltello, mi pare in un fossato, un piccolo canale che circonda un terreno, ma non ricordo con precisione dove”. 

Poi con l’auto Turetta si sposta nell’area industriale di Fossò, dove Giulia cerca di fuggire ma viene raggiunta e accoltellata a morte. L’ex fidanzato descrive le fasi finali dell’omicidio: “Volevo colpirla al collo per non farla soffrire, lei alzava le mani per difendersi, e allora ho tentato di colpirla più velocemente possibile da altre parti. Non lo so in quel momento lì, non lo so…lei si opponeva, non sarei riuscito mai a riportarla dentro in macchina “. Quindi, Turetta raccoglie il cadavere di Giulia e lo trasporta, sempre in auto, fino al lago di Barcis, dove lo abbandona in un canalone. Infine, dopo aver tentato senza successo il suicidio, parte per la sua fuga in Germania, dove sarà rintracciato e catturato una settimana dopo.

Gino Cecchettin, presente in aula: “Dolore, tanto dolore. Abbiamo capito chi è Turetta”

Nell’udienza di oggi il padre di Giulia, Gino, presente in aula. ha incrociato per la prima volta lo sguardo di Turetta dopo quasi un anno dall’efferato femminicidio. “Dolore, tanto dolore. Il momento più doloroso è stato sapere cosa ha attraversato mia figlia negli ultimi momenti della sua vita. Ma non è questo il punto del processo, il punto è che abbiamo capito chi è Filippo Turetta“, ha detto ai cronisti in un momento di pausa del processo. Quindi alla ripresa dell’udienza il padre di Giulia è andato a casa e non si è presentato. “Ho capito benissimo chi è Filippo Turetta, non ho bisogno di restare, per me è chiarissimo e per me la vita del prossimo è una cosa sacra“, ha detto prima di allontanarsi.

Alla ripresa dell’udienza, Turetta piange ancora quando gli chiedono perché voleva rapire Giulia, se davvero abbia mai creduto all’idea di non ucciderla. “Pensavo di allungare un po’ il tempo insieme…poi di toglierle la vita. Ho fatto molto pensieri, c’era sempre l’insicurezza”, ha detto in aula. E rispondendo alle domande del legale Giovanni Caruso ha detto: “Non penso al mio futuro, l’unica cosa a cui penso è che sia giusto affrontare questo ed espiare la colpa per quel che ho fatto. Mi sento in colpa a pensare al futuro, di lei che non c’è più. Non so perché non ho chiesto scusa – ha proseguito Turetta – ma penso che sia ridicolo e fuori luogo, vista la grave ingiustizia che ho commesso. Sarebbe ridicolo dare semplici scuse per qualcosa di inaccettabile. Potrebbero solamente creare ulteriore dolore per le persone che già provano dolore per quel che è successo. vorrei evitarle e sparire”.

L’interrogatorio è terminato, non ci sarà l’udienza del 28 ottobre.

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