A nove anni dall’omicidio di Valeria Lembo medici e infermieri alla sbarra potrebbero evitare il carcere per un processo che procede a rilento dopo le condanne di primo e secondo grado che la Cassazione ha in parte annullato
PALERMO – Dal 27 gennaio prossimo si potranno contare 54 giorni esatti per evitare la prescrizione del processo a carico del personale sanitario che uccise Valeria Lembo con una overdose di farmaco chemioterapico. A 9 anni dalla tragedia il procedimento giudiziario procede a rilento mentre i genitori della vittima, il marito e al piccolo orfano chiedono giustizia. Valeria Lembo, 34 anni, da poco mamma di un bambino di un bel maschietto di 7 mesi, era spirata nel reparto di oncologia del policlinico di Palermo il 29 dicembre del 2011 dopo un’atroce agonia durata 22 giorni. La donna, ricoverata per un tumore alla spalla, il linfoma di Hodgkin, era stata trattata con una dose di chemioterapico superiore di 10 volte a quella necessaria per completare la cura e tornarsene a casa.
Per un errore di trascrizione sulla cartella clinica, per altro ignorato dal personale di turno, la donna veniva trattata con un’ultima fiala letale iniettata nella flebo e non in una siringa come le altre dosi. 90 milligrammi di Vinblastina al posto di 9 milligrammi ovvero una dose sufficiente per un mammifero di 600 chilogrammi e non per una donna che ne pesava appena 45. Subito dopo la somministrazione del potente farmaco Valeria si sentiva male e piano piano spirava sotto gli occhi disperati dei genitori Carmelo Lembo e Maria Rosa D’ Amico e del marito Tiziano Fiordilino:
“… Quella del 7 dicembre del 2011 era l’ultima chemioterapia che doveva fare – raccontano papà e mamma – era andato tutto benissimo e stava bene. Quel maledetto giorno è tornata a casa con dolori atroci all’addome e vomito. Abbiamo pensato che fosse tutto normale. Lei era già guarita da quel terribile cancro. Nel frattempo abbiamo ricevuto una telefonata dall’ospedale per informarsi di come stava Valeria. Hanno continuato a chiamare e le hanno consigliato di andare al pronto soccorso. L’hanno visitata e le hanno diagnosticato un’intossicazione da chemio. Tornati a casa, hanno richiamato dall’ospedale ed hanno suggerito di andare da loro per un controllo. Abbiamo accompagnato nostra figlia in ospedale e l’hanno ricoverata per una gastroenterite. Non le avevano detto la verità… Dopo tre settimane di agonia Valeria è morta fra le nostre braccia…”.
Nel processo di primo grado il giudice monocratico Valeria Rosini aveva scritto in atti: “…È stato un assassinio in piena regola, la più grave colpa medica mai commessa al mondo dopo la quale gli imputati hanno solo pensato a negare qualsiasi assunzione di responsabilità, incolpandosi a vicenda…“.
Successivamente la corte d’Appello, sesta sezione, aveva confermato gran parte delle condanne inflitte dal giudice Rosini chiosando la reclusione a 4 anni e 6 mesi per l’ex primario di Oncologia medica Sergio Palmeri. La medesima corte aveva poi comminato le seguenti pene: 4 anni di carcere per l’allora specializzanda Laura Di Noto e Stefano Cultrera, riducendo ad entrambi di un anno la pena decisa in primo grado e tagliando, da 7 a 4, gli anni di interdizione dalla professione medica e 4 anni per il dottor Alberto Bongiovanni, specializzando all’epoca dei fatti, che si vedeva ridotta a 8 mesi la ulteriore condanna per falso con la conferma di 2 anni e 6 mesi di interdizione dalla professione medica.
Per il personale paramedico le condanne inflitte sono state di 2 anni e 10 mesi per l’infermiera Clotilde Guarnaccia, sospesa l’interdizione e 2 anni e 6 mesi per l’infermiera Elena Demma con sospensione dell’interdizione anche per lei. Dopo due sentenze di condanna di primo e secondo grado, i giudici della Cassazione, nel marzo scorso, annullavano con rinvio ad altra sezione della corte d’Appello la sentenza a carico dell’allora primario del reparto di oncologia Sergio Palmeri e quella della infermiera Clotilde Guarnaccia. Confermata la sentenza, ma solo per la responsabilità del fatto, per i medici Laura Di Noto e Alberto Bongiovanni. Per questi ultimi, in appello si discuterà solo per la rideterminazione della pena: “…Se arriverà la prescrizione – conclude Maria Rosa D’Amico – avranno ucciso Valeria due volte…”.