Toti e il patteggiamento: “Fare un accordo non vuol dire riconoscere le proprie colpe”

L’ex governatore torna sull’inchiesta per corruzione che lo ha spinto alle dimissioni. “Nessun atto illegittimo, Pm lo confermano”.

Genova – Il giorno dopo l’accordo con la Procura per il patteggiamento, l’ex governatore Giovanni Toti coinvolto nell’inchiesta sulla corruzione tiene a fare una precisazione. “Fare un accordo non vuol dire necessariamente riconoscere le proprie colpe”. I pm hanno “sostanzialmente confermato che non c’era un atto illegittimo tra quelli che, secondo loro, sarebbero stati da me influenzati così come, evidentemente, erano legittimi i finanziamenti al Comitato Toti. Io mi ritengo innocente perché ho agito per l’interesse pubblico”, dice Toti al Corriere della sera a proposito del patteggiamento.

Fare un accordo non vuol dire necessariamente riconoscere le proprie colpe ma ritrovarsi a metà strada, anzi in questo caso molto oltre la metà”, prosegue l’ex governatore giudicando il patteggiamento “una vittoria. Sono passato da essere Al Capone ad aver parcheggiato la macchina in divieto di sosta. La montagna delle accuse ha partorito un topolino”. E ancora, “Non ho visto un lungo corteo accompagnarmi verso il Golgota. In tutta franchezza, girandosi con la croce sulle spalle, tranne qualche eccezione, dietro c’era un imbarazzante vuoto”, dice tra l’altro Toti.

L’ex governatore Giovanni Toti

L’accordo con la procura per patteggiare due anni e un mese c’è. Adesso la decisione spetterà al gup che dovrà fissare una udienza. La pena che Toti patteggia con la procura verrà sostituita con lavori socialmente utili per 1.500 ore. Nell’accordo tra i pm e l’avvocato Stefano Savi prevista anche l’interdizione temporanea dai pubblici uffici e l’incapacità di contrattare con le pubbliche amministrazioni per la durata della pena e la confisca di 84.100 euro. 

I reati patteggiati sono corruzione impropria e finanziamento illecito. “Come tutte le transazioni, anche questa suscita sentimenti opposti: da un lato, l’amarezza di non perseguire fino in fondo le nostre ragioni di innocenza, dall’altro, il sollievo di vederne riconoscere una buona parte”, ha detto Toti. Resta quel reato ‘di contesto’ definito corruzione impropria, legato non ad atti ma ad atteggiamenti, un’accusa difficile da provare per la sua evanescenza, ma altrettanto difficile da smontare per le stesse ragioni”, prosegue.

Per l’ex governatore, “di fronte a questo finale, credo appaia chiaro a tutti la reale proporzione dei fatti avvenuti e della loro conclusione, che pone fine alla tormentata vicenda che ha pagato un’istituzione oltre alle persone coinvolte e che lascia alla politica il dovere di fare chiarezza sulle troppe norme ambigue di questo Paese che regolano aspetti che dovrebbero essere appannaggio della sfera politica e non giudiziaria”.

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