Condannati con rito abbreviato Luigi De Lucia e Pasquale Rinaldi, ritenuti membri del commando camorristico. La madre di Gelsomina in aula: “Assassini!”.
Napoli – Torturata e uccisa a soli ventuno anni, quindi data alle fiamme all’interno della sua auto per cancellare le tracce dello scempio. Il gup di Napoli Valentina Giovanniello ha condannato a 30 anni di reclusione Luigi De Lucia e Pasquale Rinaldi, detto “’o Vichingo”, per l’omicidio di Gelsomina Verde, la giovane assassinata brutalmente il 21 novembre 2004 durante la prima sanguinosa faida di camorra tra il clan Di Lauro e gli scissionisti di Amato-Pagano.
Il brutale omicidio di Gelsomina Verde
La sentenza, emessa con rito abbreviato, accoglie le richieste dei pm Maurizio de Marco e Stefania Di Dona. Secondo le indagini, Gelsomina Verde fu prelevata con la forza, interrogata e uccisa con colpi di pistola da Ugo De Lucia, cugino di Luigi, perché ritenuta – erroneamente – a conoscenza della posizione di Gennaro Notturno, detto ’o sarracino, rivale del clan Di Lauro.

La madre di Gelsomina contro i condannati: “Assassini!”
La ragazza lavorava come operaia in una fabbrica di pelletteria e nel tempo libero si occupava di volontariato. La sua unica “colpa” era quella di essere stata legata sentimentalmente per un breve periodo a un ragazzo, Gennaro Notturno, entrato in seguito a far parte del cosiddetto cartello degli scissionisti di Secondigliano. La relazione si era peraltro conclusa diversi mesi prima del suo assassinio.
La giovane negò ogni informazione, ma non fu creduta. Fu quindi uccisa con tre colpi di pistola alla nuca dopo ore di torture. Il cadavere venne bruciato nell’auto, con ogni probabilità per nascondere le tracce dello scempio. Cosimo Di Lauro offrì poi 300mila euro alla famiglia per “lavare” la colpa.
In aula, la madre della vittima, presente con il figlio Francesco, si è scagliata contro i condannati, collegati in videoconferenza, chiamandoli assassini, ed è stata accompagnata all’esterno dell’aula del tribunale.