Gelsomina Verde ha pagato il prezzo più alto per colpe non sue. Non sapeva che fine avesse fatto il balordo che aveva conosciuto ma i suoi carnefici, da sadici qual erano, non l’hanno creduta. Preferendo la mutilazione del corpo da viva per poi ammazzarla a colpi di pistola. Dopo hanno bruciato il corpo credendo di nasconderne lo scempio.
NAPOLI – Nel 2004 a Scampia era in corso una guerra di camorra che vedeva contrapposti il clan Di Lauro di via Cupa dell’Arco a Secondigliano, capeggiati da Cosimo Di Lauro, e il clan degli Scissionisti, detti anche Spagnoli, con a capo Raffaele Amato, ex referente degli stessi Di Lauro. La guerra fra cosche si era svolta in tutto il Napoletano, con decine di vittime, per il controllo del territorio e delle attività illecite, prime fra tutte lo smercio di droga, oltre che per vendette personali.
In questo clima di terrore malavitoso, tenuto sotto controllo a stento dalle Forze dell’ordine, si inserisce l’atroce delitto di Gelsomina Verde, detta Mina, una ragazza di 22 anni, onesta operaia in una fabbrica di pelletterie, che aveva avuto un’unica pecca, quella di conoscere Gennaro Notturno, killer degli Scissionisti, con il quale aveva avuto una movimentata relazione sentimentale finita diversi mesi prima del suo orrendo assassinio.
Da qui in poi facciamo parlare Roberto Saviano, non solo autore di Gomorra, dove si parla anche della giovane ragazza trucidata con una puntata dedicata, ma anche testimone oculare, come giornalista, di una vicenda che non dimenticherà mai:
”Era il 2004 e giravo con la mia Vespa nera nei territori della faida di Scampia – racconta Saviano – Avevo 25 anni, ci si muoveva all’epoca da un luogo di un omicidio all’altro. Arrivò un passaparola. Fu segnalato un omicidio vicino a una masseria che ora ricordo disabitata… Arrivai che già c’era la Scientifica, la scena era recintata dal nastro segnaletico bicolore… Ricordo che il muso dell’auto conservava ancora la vernice rossa. Era un’utilitaria, forse una Seicento nuovo modello, tutta mangiata dalle fiamme. Nel sedile posteriore lato passeggero c’era questo corpo completamente carbonizzato. Era stato messo in un sacco e dato alle fiamme insieme all’auto…”.
In questura si fece il nome della vittima: Gelsomina Verde, 22 anni, operaia, sparata con 3 colpi di pistola e poi bruciata. La ragazza faceva anche volontariato per i bambini con genitori in carcere e in questo contesto aveva conosciuto Pietro Esposito detto Kojak, un malavitoso pericoloso:
”È lui ad adescarla – aggiunge Saviano – Le dice che devono parlare, le lascia intendere probabilmente che è qualcosa di importante che riguarda la sua famiglia. Lei arriva con la sua Seicento, Kojak la affianca in auto e mentre le sta parlando per prendere tempo arrivano Ugo De Lucia, Pasquale Rinaldi e Luigi De Lucia…I tre scendono da un motorino e le dicono con fare perentorio di spostarsi dal posto di guida. Cosa vogliono da Mina? Cosa vuole questa paranza di fuoco al servizio di Cosimino Di Lauro, che si presenta in gruppo da una ragazzina inerme? Vogliono informazioni su O’Sarracino, un ragazzo che lei ha frequentato tempo prima. Questo ragazzo, al secolo Gennaro Notturno, è il killer più temuto degli Spagnoli. Devono scovarlo, devono trovarlo, devono identificarlo, ha ucciso i loro amici, continua a colpire, va fermato. Mina l’ha frequentato molto prima che si trasformasse in un killer…”.
Il giovane sicario deve essere ammazzato ma non si trova. E siccome un tempo non c’erano ancora i social per scoprire gli spostamenti di qualcuno i clan ricorrevano ai testimoni oculari per fargli rivelare, con la forza, il nascondiglio della persona ricercata:
“Mina non c’entra e non ci vuole entrare – continua Saviano – anche solo una parola condannerebbe a morte i suoi familiari, i suoi amici, ogni persona che ha un rapporto con lei. In più non ha più contatti con O’ Sarracino da tempo. Da molto tempo. E così la pestano, le rompono il naso, le torturano i lobi delle orecchie, la gonfiano di botte e altro ancora su cui dovrei soffermarmi ma non riesco. L’incubo della morte di Mina non smetterà mai di tormentarmi…”
Per la sua morte, occorsa il 27 novembre del 2004, sta scontando l’ergastolo Ugo De Lucia, ideatore ed esecutore dell’omicidio, mentre Pietro Esposito detto Kojak ha scontato solo 6 anni grazie al suo pentimento. Il 13 dicembre 2008 Cosimo Di Lauro (poi morto nel carcere di Opera il 13 giugno 2022 a 48 anni) veniva condannato al fine pena mai perché ritenuto il mandante dell’omicidio. Dopo 19 anni sono stati arrestati Luigi De Lucia e Pasquale Rinaldi, detto O’ Vikingo. Non pagheranno mai abbastanza.