La 22enne era rientrata dal Pakistan dove, secondo gli inquirenti, mirava a passare dalla propaganda alla fase operativa sul campo.
Bologna – Era rientrata da un paio di settimane dal Pakistan la 22enne residente a Bologna che è stata arrestata ieri durante un’operazione condotta dai Carabinieri del Ros, al termine di un’indagine complessa della Procura di Bologna e della Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo. La ragazza, insieme ad altri quattro giovani, tra cui il fratello minore, è accusata di aver creato un’associazione terroristica volta a sostenere, rafforzare e promuovere gruppi come “Al Qaeda” e “Stato Islamico” attraverso strumenti online.
Quattro membri del gruppo sono attualmente detenuti: la 22enne di Bologna, una 18enne di Spoleto di origine algerina, un 27enne di origine turca residente a Monfalcone e il fratello ventenne della presunta leader. Un quinto indagato, un 19enne di origine marocchina residente a Milano, è ricercato dopo essere partito per l’Etiopia lo scorso novembre.
Gli inquirenti ritengono che la giovane bolognese, considerata a capo dell’organizzazione dedita al proselitismo jihadista online, abbia recentemente svolto un lungo viaggio in Pakistan, terminato con un rientro anticipato in Italia il 13 dicembre. L’ipotesi è che la ragazza mirasse a passare dalla propaganda online a una fase operativa, stabilendo contatti diretti con membri di gruppi armati.
Dalle conversazioni intercettate con un’altra ragazza del gruppo emerge un progetto di trasferirsi in paesi del Centro Africa, o in altre aree con campi di addestramento jihadisti o una forte influenza della dottrina islamica. La 22enne si sarebbe distinta come una vera e propria “influencer” del jihadismo, impegnata ossessivamente nel proselitismo e nella diffusione di contenuti, video e preghiere in lingua italiana, con l’obiettivo di reclutare giovani in Italia. L’interrogatorio di garanzia per la ragazza e un altro indagato è fissato per dopodomani a Bologna. La giovane è difesa dall’avvocato Simone Romano.
Il 27enne di origine turca arrestato nel blitz dei Carabinieri, soprannominato “Bro turco”, viveva a Monfalcone, in provincia di Gorizia, dove gestiva due locali di kebab insieme al fratello. Oltre all’attività online, avrebbe condotto proselitismo anche nei locali, rivolgendosi ai dipendenti e lasciandosi andare a commenti critici e apertamente anti-occidentali. Secondo gli atti, cantava canti jihadisti persino davanti a minori.
Il 27enne era già sotto indagine a Udine per il suo percorso di radicalizzazione e i rapporti con un altro soggetto indagato per reati analoghi. Tra i suoi progetti vi era anche l’apertura di una moschea a Monfalcone, nonostante un’ordinanza di chiusura di due luoghi di culto. In Turchia, inoltre, il giovane era stato condannato per finanziamento al terrorismo.