Teramo: reclutavano braccianti sui social, madre e figlio accusati di caporalato[VIDEO]

I carabinieri hanno trovato 2060 euro nascosti in un barattolo di vetro: erano di un lavoratore che aveva paura di essere derubato.

Teramo – Madre e figlio, rispettivamente titolare e coordinatore di un’azienda agricola presente nel territorio abruzzese, sono sotto accusa per caporalato. Sfruttavano i lavoratori – dopo averli reclutati sui social – con turni di lavoro massacranti e paghe da fame, tanto che uno di loro prima di fuggire dalla schiavitù aveva nascosto 2060 euro in un barattolo di vetro tra la vegetazione, con la paura di essere derubato. Il Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro di Teramo, con l’ausilio in fase esecutiva dell’Arma territoriale, hanno dato esecuzione a una misura cautelare emessa dal gip su richiesta della Procura nei confronti di madre e figlio “caporali”.

I provvedimenti restrittivi, uno di sottoposizione agli arresti domiciliari ed uno del divieto di dimora nel Comune di Teramo, sono stati emessi all’esito di attività investigativa che hanno consentito di accertare gravi indizi di colpevolezza in ordine all’ipotesi di reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro c.d. “caporalato“, con violazione dei contratti nazionali e delle norme sulla sicurezza del lavoro. Le indagini, condotte dal NIL di Teramo, hanno permesso di accertare come gli indagati, dopo aver reclutato due cittadini stranieri attraverso social network, privi di permesso di soggiorno.

Offrivano loro lavoro ed alloggio concordando la somma di 500 euro mensili. I braccianti erano quindi costretti ad alloggiare all’interno di una roulotte, priva di acqua, luce e servizi igienici, posizionata nell’area di pertinenza della stalla e quindi con una presenza costante di aria insalubre atteso la concimaia posizionata poco distante.

Dall’attività investigativa inoltre si è accertato che i lavoratori venivano impiegati il giorno quali braccianti agricoli e la notte quali guardiani della stalla, costantemente minacciati di essere rimpatriati poiché privi di permesso di soggiorno. Inoltre, nel corso di perquisizione locale e domiciliare effettuata nei confronti degli indagati, nelle campagne di loro proprietà è stata trovata la somma di 2060 euro occultata nella vegetazione, all’interno di un barattolo di vetro. Apparteneva ad uno dei cittadini sfruttati, il quale, prima di fuggire dall’azienda, aveva ben pensato di occultare il denaro al fine di non essere derubato.

Il denaro rinvenuto è stato quindi riconsegnato al legittimo proprietario il quale attualmente si trova in una struttura protetta. Durante le operazioni in argomento sono state inoltre sequestrate 5 piante di marijuana dell’altezza di circa 40 cm e 50 grammi dello stesso stupefacente confezionato in più dosi.

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