Dopo la denuncia della vittima, oggi trentenne, nel corso delle indagini sarebbero emersi altri presunti abusi in danno di diversi giovanissimi.
ENNA – Sentenza di condanna per il prete siciliano accusato di violenza sessuale aggravata su minori. Quattro anni e sei mesi di carcere il verdetto emesso dal tribunale di Enna, presieduto da Francesco Paolo Pitarresi, per don Giuseppe Rugolo, 44 anni, ritenuto responsabile di tentata violenza sessuale su alcuni ragazzini. Il prelato ha assistito di persona alla lettura del dispositivo assistito dai suoi difensori, gli avvocati Dennis Lovison e Antonino Lizio. I giudici, dopo circa 8 ore di camera di consiglio, hanno inflitto al sacerdote anche diverse sanzioni accessorie, oltre a condannarlo al risarcimento dei danni provocati alle parti civili, in solido con il responsabile civile, ovvero la Diocesi di Piazza Armerina.
L’indagine a carico di Rugolo è stata condotta dalla squadra Mobile di Enna e iniziata quattro anni fa a seguito della denuncia di Antonio Messina, 30 anni, una delle presunte vittime. Oltre al giovane dalla cui denuncia è partita l’inchiesta scoperchiando una realtà rivoltante maturata nel silenzio delle canoniche, si sono costituiti parti civili anche i suoi genitori, la Rete l’Abuso e l’associazione Contro Tutte le Violenze. Dopo la denuncia di Messina nel corso delle indagini sarebbero emersi altri presunti abusi in danno di diversi giovanissimi. La lettura della sentenza è avvenuta a porte aperte, al termine di un dibattimento durato 22 udienze, che si è invece svolto a porte chiuse. Alla proclamazione della condanna hanno assistito decine di cittadini.
Il procuratore facente funzioni di Enna, Stefania Leonte, al termine della sua requisitoria, aveva chiesto alla corte la condanna del sacerdote a 10 anni. “Comunque vada – aveva detto in aula il pubblico ministero – Antonio oggi ha vinto, ha vinto il coraggio di questo ragazzo di affrontare l’incubo della sua adolescenza, perché non si è fermato davanti al timore di non essere creduto e al pregiudizio della gente, perché ha presentato la denuncia per un senso di dovere nei confronti di se stesso e dei suoi coetanei, che avevano subito i suoi stessi abusi e dei tantissimi adolescenti che frequentavano il gruppo sotto l’egida di Rugolo“.
I coobbligati in solido, ovvero la Diocesi di Piazza Armerina, rappresentati dall’avvocato Gabriele Cantaro, durante le requisitorie dell’ultima udienza, hanno parlato di “processo mediatico”, mentre il difensore della comunità della parrocchia di San Giovanni Battista di Enna, dove officiava don Rugolo, ovvero l’avvocato Mauro Lombardo, ha argomentato sulle modalità di rapportarsi ai giovani del sacerdote che, per salutare, avrebbe toccato le parti intime dei ragazzini. Tale comportamento sarebbe “sdoganato” tanto da portare ad esempio l’immagine di Roberto Benigni mentre tocca sotto la cintola, ironicamente, un imbarazzatissimo Pippo Baudo durante Sanremo 2002.
Anche per le difese del parroco si tratta di un “cambiamento dei costumi” evidenziato dall’avvocato Antonino Lizio che, con il collega Dennis Lovison, avevano chiesto l’assoluzione di Rugolo.
Mentre si è chiuso il primo grado di giudizio per il prete di Enna, l’archeologo Antonio Messina avrebbe subìto un ennesimo affronto. Il professionista, lo scorso 15 marzo, sarebbe stato attaccato e insultato sulle scale della chiesa Madre di Enna durante un’intervista. Mentre l’uomo si trovava con una troupe giornalistica sulla scalinata della chiesa un sedicente esponente della confraternita di Maria Santissima della Visitazione, si sarebbe avvicinato a Messina cominciando ad inveire nei suoi confronti. Giornalisti e passanti hanno poi difeso l’archeologo facendo allontanare l’energumeno:
“I nostri timori – ha detto la penalista Eleanna Parasiliti Molica, legale di fiducia di Messina – erano, dunque, fondati. Il rientro di Rugolo ad Enna sta facendo crescere la tensione e temiamo sicuramente per Antonio ma anche per tutte le persone che si sono occupate di questo caso”.
La vittima dell’aggressione verbale si è riservata la segnalazione del fatto alle autorità di polizia. Il 19 ed il 21 marzo scorsi sono comparsi davanti al Gip ennese, la giornalista Pierelisa Rizzo, querelata per diffamazione da don Giuseppe insieme ad altri tre cronisti, al presidente di Rete l’Abuso, Francesco Zanardi, e lo stesso Antonio Messina. Le querele sarebbero state ritenute infondate da tutte le Procure competenti ma i legali del parroco hanno sempre presentato opposizione.