Stretta sui cellulari per i cittadini extra Ue, per la sim serve il permesso di soggiorno

La norma nel ddl sicurezza all’esame della Camera. La pena per il commerciante che viola la regola è di vedersi chiudere il negozio.

Roma – Una stretta sull’acquisto di schede telefoniche (Sim) è prevista dal ddl Sicurezza all’esame della Camera, rendendo necessario per i cittadini extra Ue il permesso di soggiorno. “Se il cliente è cittadino di uno Stato non appartenente all’Unione europea, deve essere acquisita copia del titolo di soggiorno di cui è in possesso”. Recita così la norma inserita nel ddl sicurezza, all’esame dell’Aula della Camera. All’articolo 32 del provvedimento, si modificano le norme in materia di obblighi di identificazione degli utenti dei servizi di telefonia mobile e relative sanzioni. E l’articolo in questione nega la possibilità, ai cittadini extra Ue, di acquistare una scheda sim per la telefonia mobile in assenza di regolare permesso di soggiorno.

La pena, per il commerciante, è di vedersi chiudere il negozio. Mentre per il cittadino straniero si prevede lo stop a poter stipulare un contratto telefonico fino a due anni. Una disposizione che mira a evitare che si firmi un contratto di telefonia mobile per contro di altri (un possessore di regolare permesso al posto di chi il permesso non lo possiede). Dispone l’articolo: “Ferme restando le sanzioni previste dal comma 19, alle imprese autorizzate alla vendita delle schede elettroniche (S.I.M.) da parte degli operatori, in caso di inosservanza degli obblighi di identificazione imposti, si applica la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell’esercizio o dell’attività per un periodo da cinque a trenta giorni”.

E ancora: “Se il cliente è cittadino di uno Stato non appartenente all’Unione europea, deve essere acquisita copia del titolo di soggiorno di cui è in possesso. Quando il cliente non dispone dei documenti previsti perché oggetto di furto o smarriti, l’impresa acquisisce copia della relativa denuncia. La condanna, quando il fatto è commesso al fine della sottoscrizione del contratto, comporta l’incapacità di contrattare con gli operatori per un periodo da sei mesi a due anni”.

Il disegno di legge, in esame in Aula alla Camera, dovrà poi andare in seconda lettura al Senato. E se in Italia si va verso la modifica delle norme in materia di obblighi di identificazione degli utenti dei servizi di telefonia mobile, in Svizzera hanno fatto di più. Lì si può sequestrare un dispositivo mobile di un richiedente l’asilo per “perquisirlo” in cerca di informazioni, magari anche di rilevanza penale. È questa la misura, già approvata in Parlamento tre anni fa e che diventerà attiva – scrive la NZZ – a partire dal primo aprile 2025. La convinzione diffusa, riporta il quotidiano zurighese, è che questa nuova possibilità – utilizzata in maniera sistematica – possa “aiutare le autorità svizzere a individuare tempestivamente i richiedenti l’asilo che diffondono idee jihadiste e/o sono connessi con reti terroristiche con un piano di attacco in Svizzera”.

In realtà però la misura, che è già in vigore in diversi Paesi, è piuttosto pensata nell’ambito della procedura d’asilo per l’identificazione di queste persone che spesso e volentieri sono sprovviste di documenti: scandagliando i loro dispositivi potrebbe essere possibile determinare la loro età e la loro provenienza.

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