Strage di Fidene, in aula il killer “spara” ancora: contro giornalisti e magistrati

Alla sbarra per quattro omicidi a sangue freddo, l’ex assicuratore Claudio Campiti se la prende con la stampa “serva” e con il giudice civile di Rieti: “Se avesse fatto il suo lavoro, oggi non saremmo qui”.

ROMA – Il presunto killer della strage di Fidene attacca il giudice civile di Rieti e i giornalisti durante l’ultima udienza del 3 ottobre scorso in Corte d’Assise. Claudio Campiti, 59 anni, alla sbarra per la morte di Sabina Sperandio di 71 anni, Nicoletta Golisano di 55 anni, Elisabetta Silenzi di 50 anni e Fabiana De Angelis di 57 anni, deceduta in ospedale, aveva già rilasciato in aula un’altra dichiarazione delirante lo scorso 10 settembre. L’imputato per la strage di Fidene, nel suo memoriale, aveva scritto contro i giornalisti definendoli “servi” che “hanno fatto disinformazione” sul fatto di sangue, per poi criticare aspramente l’operato del giudice civile di Rieti dichiarando che “se avesse fatto il suo lavoro oggi non saremmo qui”.

Nell’udienza del 10 settembre lo stesso Campiti, senza mostrare alcun segno di pentimento per le donne uccise a sangue freddo dentro un bar, tramite il suo difensore, aveva chiesto alla Corte di leggere una dichiarazione sul Consorzio “Valleverde”, di cui faceva parte, definito dall’uomo una vera e propria associazione per delinquere:

Il rudere dove viveva l’ex assicuratore

” Mi rivolgo a tutta la giuria ed in particolare a quelli non esperti in legge – scrive Campiti nel suo messaggio – Se avete letto il mio blog e avete domande da farmi, potete farmele attraverso il mio avvocato e se la procedura lo consente vi risponderò scrivendovi. Al fine di chiarire meglio il mio gesto chiedo di chiamare anche i sindaci di Ascrea e Rocca Sinibalda ed il loro prefetto. Poi domando, quanti anni devono durare i lavori, quando secondo il comune di Rieti devono durare massimo 5 o 10 anni e non mezzo secolo trasformandosi in un’associazione a delinquere come ha affermato personalmente a me un magistrato”.

Nella medesima udienza, come testimoni, sono stati ascoltati anche il questore di Roma Carmine Belfiore, e il prefetto della Capitale Lamberto Giannini, all’epoca dei fatti capo della polizia di Stato. Belfiore riferiva delle numerose irregolarità non solo del poligono di Tor di Quinto, da dove Campiti rubò l’arma del quadruplice omicidio, ma di alcune strutture di tiro presenti nella città. Infatti figurano come imputati, nello stesso processo, anche il presidente della sezione Tiro a Segno nazionale di Roma e un dipendente addetto al locale dell’armeria del poligono di Tor di Quinto. Claudio Campiti era un tiratore provetto.

Fabiana De Angelis, Elisabetta Silenzi e Nicoletta Golisano

L’11 dicembre 2022 si era alzato di mattina presto e subito dopo usciva dalla sua abitazione semidiroccata ubicata all’interno del Consorzio Valle Verde, fra Ascrea e Rocca Sinibalda, nell’Alta Sabina, dirigendosi verso Roma con la sua vecchia Ford Kia. Alle 8.55 l’uomo si presentava al poligono di Tor Di Quinto dove rubava una Glock calibro 45 e 170 proiettili. All’interno della struttura sportiva lo conoscevano tutti e nessuno si sarebbe sognato di controllarlo all’uscita. Una volta fuori l’ex assicuratore si dirigeva presso il bar-pizzeria “Il posto giusto” di via Monte Giberto, nel popolare quartiere di Fidene, dove si svolgeva una riunione del consorzio. Sono le 9.30 circa e inizia la strage. Campiti entra nel bar, pistola in pugno, e grida: ”Vi ammazzo tutti”. L’uomo spara un primo caricatore e colpisce come birilli Sabina Sperandio, Elisabetta Silenzi e Nicoletta Golisano che si accasceranno senza vita sul pavimento del locale in un lago di sangue.

Il bar nel quale si è consumato il quadruplice omicidio

Il killer continuava a sparare centrando in pieno petto Fabiana De Angelis (che morirà in ospedale) e ferendo altre tre persone prima di essere disarmato da un condomino che, nonostante fosse ferito, riusciva ad immobilizzarlo sino all’arrivo dei carabinieri. Campiti si era già preparato la fuga all’estero portando con sé 6mila euro ed il passaporto. Il presunto sicario veniva arrestato e di lui si saprà che era molto cambiato sia per la separazione dalla moglie ma, soprattutto, per la morte del figlio Romano, scomparso nel 2102 a Sesto, provincia di Bolzano, a soli 14 anni a causa di un incidente sulla neve. Quella tragedia lo aveva fatto impazzire modificandone il carattere in peggio tanto da vedere nemici dappertutto, specie nell’ambito del vicinato dove però qualcuno si divertiva a infastidirlo pesantemente. Campiti tornerà in aula nell’udienza del 21 ottobre prossimo.

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