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Stefano Conti e i 2mila italiani detenuti all’estero, per loro nessuna protesta

Andrea Di Giuseppe (Fdi): “Cadono le accuse per il trader brianzolo in carcere a Panama, ma per lui e tanti altri nessuno si è indignato”.

Panama – Anche lui, come Ilaria Salis, è arrivato in un’aula di un tribunale straniero ammanettato, in ceppi e catene. Eppure nessuno si è scomposto, nessuna polemica, nessun grido di protesta o di violazione dei diritti umani. Ma lui non è l’attivista detenuta a Budapest, è Stefano Conti, il trader italiano agli arresti a Panama da oltre due anni con l’accusa di tratta di persone a scopi sessuali. Ora è ai domiciliari ma la prima parte della detenzione l’ha passata rinchiuso a La Joya, una tra le carceri tra le più dure del mondo. Ma c’è un significativo colpo di scena arrivato nelle ultime ore, nell’udienza di ieri, che potrebbe cambiare le carte in tavola. Perché le sue presunte vittime lo avrebbero infatti scagionato da ogni accusa sostenendo di essere state oggetto di “pressioni e minacce da parte del pm”.

A raccontarlo, il deputato di Fratelli d’Italia (FdI), Andrea di Giuseppe, presente nel corso della prima udienza del processo nel Paese sull’istmo che collega l’America centrale a quella meridionale. “Sono a Panama per la prima udienza del processo a Conti – ha detto prima di entrare in Aula -, il nostro connazionale detenuto, da quasi 500 giorni, in regime di carcere preventivo in una struttura di massima sicurezza. Grazie al mio intervento, alcuni mesi fa Conti ha ottenuto gli arresti domiciliari e oggi avrà finalmente un processo. Non entro nel merito delle accuse perché non è mio compito ma, da parlamentare, il mio ruolo prevede che io tuteli i miei connazionali e faccia rispettare le leggi internazionali”. 

Andrea Di Giuseppe in Aula a Panama per il processo a Conti

Di Giuseppe è l’unico a essersi preoccupato delle sorti del trader brianzolo. Non si è mai alzato per lui un gran polverone, come sul caso Salis, come se gli italiani all’estero non avessero tutti gli stessi diritti e non meritassero lo stesso trattamento. Arrestato il 15 agosto 2022 con l’accusa di tratta di persone con fini sessuali (rischia dai 20 ai 30 anni, ma si è sempre proclamato innocente), ieri è stato prelevato a casa – dove è agli arresti domiciliari in attesa di giudizio -, ammanettato e portato in tribunale, senza essere liberato nemmeno quando era seduto e immobile. “Gli hanno tolto le catene soltanto dopo che ho guardato negli occhi il giudice – racconta Di Giuseppe, che era presente all’udienza con il suo staff, con il console, un rappresentante dell’ambasciata e una rappresentante di Amnesty International– e poi gliele hanno rimesse prima di farlo uscire per tornare a casa”.

Ma ora che chi lo aveva inchiodato lo scagiona, le cose potrebbero cambiare: “L’avvocato delle vittime ha presentato una querela nei confronti del pubblico ministero affermando che le testimonianze principali contro il trader erano state estorte attraverso pressioni e minacce. Le vittime affermano di non aver mai fatto il nome di Conti”, precisa inoltre il deputato eletto nella circoscrizione nord e centro America. Il parlamentare di Fratelli d’Italia ricorda tuttavia che sono ancora circa duemila gli italiani detenuti all’estero, la metà dei quali in carcerazione preventiva e spesso anche senza accuse formali.

Non entro mai nel merito delle accuse perché non è mio compito, ma da parlamentare il mio ruolo prevede che io tuteli i miei connazionali e faccia rispettare le leggi internazionali”, afferma il deputato di FdI che rivendica, tra le altre cose, il suo operato nel rimpatrio di Chico Forti, condannato per omicidio negli Usa. Da Chico ad alcuni italiani incarcerati senza motivo in Venezuela per oltre due anni, tutti liberati grazie al mio intervento, sono moltissimi i casi ai quali il governo Meloni sta lavorando per riparare i danni fatti dalla sinistra”, conclude.

Chico Forti, di ritorno in Italia

Conti, prima di ottenere i domiciliari, era stato tra le mura del carcere di massima sicurezza La Joya di Panama, uno tra i più duri del mondo. Si è sempre dichiarato innocente e ha più volte denunciato il grave stato di degrado e pericolosità del penitenziario nel quale si trovava affermando di rischiare la vita tutti i giorni. Tra sporcizia, topi, scarafaggi, igiene completamente inesistente e soprattutto risse, armi e omicidi tra detenuti e polizia, il trader aveva raccontato il suo inferno: “vivo in uno stanzone unico, sarà 60 metri quadrati o più. Siamo in 26 e ognuno separa la propria area, che noi chiamiamo bunker, con un lenzuolo per avere più privacy.

Non ha visto il sole per mesi, costretto a mangiare “riso non setacciato e pieno di sassi”, con pochissima acqua per bere e lavarsi: “È disponibile solo per un’ora al giorno e facciamo rifornimenti con i secchi. Quando finisce, usiamo bustine di thé diluite con la pioggia“, aveva raccontato. Ora chi lo ha accusato sta ritrattando, dopo l’inferno passato da Conti. E nessuno parla, polemizza, o protesta.

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