Un promoter musicale svela retroscena inquietanti: perché la sua offerta per il Meazza non ha mai avuto chance?
Milano – La vicenda che ruota attorno al futuro dello stadio più iconico d’Italia assume contorni sempre più intricati. Mentre si attendeva la sigla definitiva del passaggio di proprietà, gli inquirenti del capoluogo lombardo hanno convocato questa mattina Claudio Trotta, figura di spicco nel panorama dell’intrattenimento nazionale e fondatore della Barley Arts, per acquisire la sua versione dei fatti su quanto accaduto negli ultimi anni.
L’audizione si è svolta negli uffici della cittadella giudiziaria, alla presenza dei magistrati Giovanna Cavalleri e Paolo Filippini, affiancati dal collega Giovanni Polizzi e dagli specialisti della Guardia di Finanza. L’incontro non è stato casuale: i pubblici ministeri stanno valutando se nella gestione della cessione dell’impianto sportivo possano configurarsi elementi riconducibili al reato di turbativa d’asta.
L’indagine ha subito un’evoluzione significativa. Se inizialmente l’attenzione si concentrava esclusivamente sulla questione del vincolo architettonico e sulla legittimità di un’eventuale demolizione della “Scala del calcio”, ora lo sguardo degli investigatori si è ampliato, abbracciando aspetti più ampi della procedura di vendita. Un cambio di prospettiva che spiega perché sia stato ritenuto necessario ascoltare proprio Trotta.
La storia emersa lo scorso aprile ha acceso i riflettori su un passaggio controverso. Il promoter aveva infatti reso pubblico, attraverso una lettera indirizzata direttamente al primo cittadino Giuseppe Sala e all’assemblea comunale, di aver tentato di formulare una proposta economica per rilevare lo stadio insieme ad altri operatori del settore spettacolo. Un progetto alternativo che però non ha mai visto la luce, bloccato prima ancora di poter essere ufficialmente presentato.
All’uscita dall’audizione, come riferisce Repubblica, Trotta ha ricostruito la sua posizione. “Quando nel 2019 le due società calcistiche annunciarono l’intenzione di abbattere San Siro per costruire un nuovo impianto, presentando tre progetti differenti, ho subito espresso pubblicamente la mia contrarietà. La mia proposta, supportata anche da un comitato di cittadini, era chiara: indire una gara internazionale trasparente per individuare chi potesse riqualificare la struttura esistente e gestirla dopo la scadenza della concessione prevista per il 2030. Questa linea l’ho difesa costantemente”.
Sullo sfondo resta anche il filone parallelo della Corte dei conti, che valuta eventuali profili di danno erariale nell’intera operazione. Un doppio binario investigativo che rende il destino di San Siro sempre più incerto, nonostante l’imminenza della firma definitiva. Ciò che doveva essere un affare concluso si trasforma in un caso giudiziario dalle molteplici sfaccettature.