I responsabili hanno colpito gli animali protetti in zona non aperta alla caccia e vicino a numerose abitazioni. Chi ha sparato si è poi dato poi alla fuga.
Cadoneghe – Una simpatizzante del Movimento Centopercentoanimalisti, durante una passeggiata lungo l’argine del fiume in località “Chiesa di Torre”, a Cadoneghe (PD) – precisamente nel tratto che dalla chiesa di S. Michele, passando sotto la strada e la tangenziale, prosegue verso Cadoneghe (immediatamente dopo aver percorso la passerella e risalito sull’argine) – ha rinvenuto, in posizione ben visibile e a brevissima distanza dal sentiero (circa un metro), i corpi senza vita di tre anatre selvatiche.
Una di queste era posizionata in basso, a valle dell’argine, mentre le altre due erano in “bella mostra” sulla sommità. Proseguendo il cammino, a poca distanza, ha rinvenuto il quarto esemplare, anch’esso in posizione molto evidente e vicinissimo al passaggio. I luoghi del ritrovamento sono caratterizzati dall’assenza di
vegetazione lungo il fiume, che risultano quindi “aperti” e pienamente visibili. I responsabili devono aver atteso che gli animali si alzassero in volo o fossero ben visibili in acqua, per poi colpirli con arma da fuoco, abbandonandone i corpi sul posto in quanto preoccupati di poter essere scoperti.
Nel posto possono esservi altri esemplari uccisi non ancora rinvenuti. Viene inoltre stigmatizzato il silenzio e l’inazione dei residenti della zona, nonostante la presenza di diverse abitazioni nelle immediate vicinanze. I fatti sopra descritti integrano gli estremi di molteplici illeciti penali, sia di natura generale che speciale, a tutela della fauna e del benessere animale. Uccisione di animali (art. 544-bis c.p.): L’uccisione delle Oche selvatiche protette, compiuta senza necessità e con crudeltà, costituisce il reato di cui all’art. 544-bis c.p.

L’uccisione di esemplari di fauna selvatica protetta lede il patrimonio indisponibile dello Stato, configurano un ulteriore danno ambientale e paesaggistico. Uccisione di fauna selvatica protetta (art. 30, lett. d, g, I.
157/1992): le oche selvatiche rinvenute sono appartenenti a specie particolarmente protette il cui prelievo, uccisione, cattura o detenzione è vietato.
L’azione si è consumata in un’area non destinata alla caccia, essendo un argine fluviale in prossimita di centri abitati, configura anche il reato di cui all’art. 30, comma 1, lett. b della L. 157/1992 (caccia in tempo o in modo vietati). Tali episodi di bracconaggio e maltrattamento animale ledono interesse pubblico alla conservazione della biodiversità e al rispetto degli esseri senzienti. La condotta degli ignoti si inserisce in un contesto di grave allarme sociale e pertanto richiede un intervento repressivo deciso.