“Dopo 4 anni la corte lo ha sancito in appello. Spero che le testate che hanno pubblicato i 185 articoli ancora reperibili rettifichino”.
Roma – “Dopo ‘soli 4 anni’ la corte ha sancito in appello che mio padre è stato diffamato da morto. In particolare che la storia inventata di sana pianta per ledere la sua onorabilità attribuendogli fantomatici soldi ricevuti in una valigetta dal Venezuela era non solo falsa, ma costruita su un documento contraffatto e con tecniche giornalistiche spregevoli. Nella motivazione la corte racconta in dettaglio uno scorcio di questo giornalismo diffamatorio dei morti: ‘Il giornalista non ha indicato un nome che gli abbia confermato la circostanza della consegna del denaro, solo vaghe fonti anonime e un documento che si è poi dimostrato falso'”. Così Davide Casaleggio su Facebook.
“Spero che le testate che hanno pubblicato i 185 articoli ancora reperibili on line che hanno rilanciato questa notizia in Italia abbiano il buon cuore di rettificarli se ancora avevano dubbi sulla questione. Ho portato avanti per 4 anni questa causa fino in fondo in tribunale come promesso dal primo giorno perché non voglio che neanche una macchia di fango rimanga su una persona che non può più difendersi. Mi è spiaciuto che il movimento da lui creato abbia deciso di non farlo”, conclude.
La “notizia pubblicata presenta elementi” non verificati, “con la conseguenza” che manca “il rispetto dei limiti di liceità dell’attività giornalistica” e della “verosimiglianza dei fatti riportati”. Lo scrive la Corte d’Appello civile di Milano nelle motivazioni della sentenza con cui ha confermato la “natura diffamatoria” dell’articolo del quotidiano spagnolo Abc del 15 giugno 2020 secondo cui, nel 2010, “una valigia contenente 3,5 milioni di euro sarebbe stata inviata dai fondi segreti del Venezuela, su autorizzazione del cancelliere Nicolás Maduro, a Gianroberto Casaleggio“. Un articolo che aveva avuto grande eco mediatica, tanto da far aprire un’inchiesta penale a Milano (poi archiviata) su presunti fondi venezuelani arrivati al Movimento 5 stelle.
Tra gli elementi non verificati della ricostruzione, però – hanno scritto i giudici – c’era proprio la “consegna del denaro a Gianroberto Casaleggio”. E il fondatore del Movimento, morto nel 2016, è stato così “tacciato di un fatto grave, ossia di aver percepito milioni di euro provenienti dall’estero, ovviamente senza denunciarli al fisco”. Per questo la corte milanese ha confermato la condanna per la società editrice del quotidiano e per il giornalista a risarcire il figlio di Gianroberto, Davide Casaleggio, che avviò la causa nei loro confronti.