Sono sempre prestiti che restituiremo ad interessi sanguinari perché l’Europa non si fida dell’Italia e chi ne usufruirà avrà giovamento mentre a farne le spese saranno i cittadini costretti ad altre ristrettezze e periodi di austerity. Altro che ripartenza…
La strategia europea per il piano finanziario da disporre contro l’emergenza economica prodotta dal Covid-19, assomiglia sempre di più al classico gioco delle tre carte. Con rapida maestria si mostrano i soldi, si nascondono, e alla fine, quando si è convinti di aver vinto, si perdono.
Ma cosa sta succedendo esattamente? È opportuno fare un piccolo passo indietro per comprendere meglio la dinamica degli eventi. Nelle scorse ore, l’asse Parigi-Berlino ha annunciato la paternità di un piano d’aiuti da 500 miliardi d’euro da erogare mediante la strategia dei Recovery Fund. Sostanzialmente si tratterebbe di un sostegno per la ripresa europea finanziato dalla Commissione. Per poter sovvenzionare il piano l’UE concederà alla stessa Commissione la possibilità di indebitarsi sui mercati per conto della Comunità, secondo il combinato disposto dai trattati istitutivi dell’Unione. In pratica si tratta dell’emissione di un debito comune che verrà messo a disposizione delle zone più colpite dal virus. I fondi verranno versati sotto forma di trasferimenti economici agli Stati membri e direttamente prelevati dal bilancio europeo. Saranno dunque veri e propri crediti a fondo perduto e non più prestiti. Ma è proprio cosi?
In questa fase i banchieri fanno vedere il denaro: i soldi esistono, eccoli. Ma c’è una seconda fase in cui i soldi spariscono come se fossero spariti. E poi perduti per sempre.
Come abbiamo appena detto gli Stati non saranno costretti a rimborsare le somme. È vero. Ma in quanto membri della Comunità, nel prossimo futuro, saranno obbligati a riempire le casse comuni considerando che il debito prodotto dall’organo europeo è comune. Per attuare questa manovra l’unità di misura da adottare sarà quella del Pil. Sebbene la strada tra emissione e pagamento sia differenziata, il meccanismo rimane sempre quello: il prelievo fiscale. Alla fine, tramite una facile sottrazione, potremo capire se i prestiti ricevuti saranno stati superiori alla cifra finale richiesta per riportare la Commissione in positivo, o meno.
Anche lo stesso Macron, in una recente intervista, ha ammesso che i fondi potranno essere considerati a fondo perduto solo per le aziende, le imprese e gli enti territoriali che li intascheranno. Saranno gli Stati membri a rifinanziare il bilancio della Commissione. Il dubbio è lecito: ma se lo Stato, per ripagare il prestito, dovrà applicare politiche restrittive e austerity (con il concreto rischio di finire in una fase di deflazione), dunque costretto a rimodulare il carattere tributario e di welfare, non saranno indirettamente le stesse imprese, e i lavoratori che ne fanno parte, ad essere le prime vittime?
Conte, che cerca disperatamente una vittoria internazionale per confermare maggiormente il proprio consenso, ha dichiarato a gran voce che il piano è una conquista per l’Italia e che la linea del Mediterraneo ha vinto su quella del Nord. Dalla parte opposta anche i rappresentanti di Lega e Fratelli d’Italia sono sembrati abbastanza confusi in queste ore: prima si sono astenuti alla votazione europea, poi sono tornati a fare la voce grossa contro Berlino e Parigi appena solcati i confini nazionali. Anche lo stesso Movimento 5 Stelle ha preferito non esprimersi in merito. D’altronde la poca chiarezza sull’Europa ha contraddistinto i grillini fin dalla loro nascita.
A chiarificare, si fa per dire, più dettagliatamente quelle che sono le linee guida di Bruxelles è intervenuto Manfred Weber, capogruppo tedesco del Partito Popolare Europeo: “…Non deve accadere che Paesi come l’Italia o la Spagna utilizzino gli aiuti miliardari del fondo per la ricostruzione per tappare i buchi di bilancio o pagare le pensioni – ha detto Weber – c’è bisogno di controlli rigorosi, per garantire che il denaro venga speso correttamente. A questo scopo sono necessari progetti Ue chiaramente definiti e un rafforzamento delle strutture europee di vigilanza. I cittadini europei comprenderanno le sovvenzioni ai Paesi bisognosi dell’Ue solo se sapranno che quei soldi verranno usati in modo opportuno e guardando al futuro…”.
Ed è proprio in questo frangente che i soldi spariscono del tutto e si capisce di aver perduto la battaglia. Nonostante le belle parole provenienti da Bruxelles, alla fine quello che si chiede è che gli Stati membri compiano i maggior sacrifici. A queste condizioni le strade che si aprono davanti a noi sono principalmente due: o si aumenta il debito pubblico, ovvero si vendono i titoli di Stato a banche straniere e si diventa sempre più vassalli agli interessi centrali, oppure si predispone una privatizzazione interna degli apparati statali, dalla sanità fino all’istruzione, passando per la pubblica amministrazione. In ambedue i casi a risentirne gli effetti principali sarà la popolazione del Bel Paese.
Le affermazioni della Lagarde in merito non fanno altro che accrescere l’apprensione. “…La crisi del coronavirus – ha detto il presidente della BCE – è una buona opportunità per modernizzare il Patto di stabilità e crescita…”. Cosa avrà voluto dire?