Sognavano la libertà, ora temono di perdere i figli

La famiglia che vive off-grid difende la propria scelta di vita, ma la Procura dei minori chiede la sospensione della potestà genitoriale.

Chieti – Vivono immersi nella natura, lontani dal caos cittadino e dalle comodità moderne. Niente acqua corrente, nessun allaccio alla rete elettrica se non l’energia generata dai loro pannelli solari, una stufa a legna per il calore e un pozzo per l’acqua.

È la scelta radicale di Catherine Birmingham, australiana di 45 anni, e del marito Nathan Trevallion, inglese di 51, che insieme ai loro tre figli – una bambina di otto anni e due gemelli di sei – abitano in un’ex casa colonica nei dintorni di Vasto, in provincia di Chieti. Una vita semplice, circondata da animali e silenzio, che oggi però è al centro di un’inchiesta della Procura dei Minori dell’Aquila, che ha chiesto la sospensione della potestà genitoriale.

“Abbiamo scelto la semplicità e il contatto con la natura. La città ci aveva logorati”, spiega Catherine.
Tutto è cominciato il 23 settembre 2024, quando l’intera famiglia è finita in ospedale per una intossicazione da funghi raccolti nel bosco. Durante l’intervento dei soccorsi, i carabinieri hanno scoperto le particolari condizioni in cui vivevano e hanno informato i servizi sociali. Le relazioni degli operatori hanno evidenziato “abitazione inadeguata”, “assenza di un pediatra di riferimento” e “isolamento sociale”.

Ma la principale preoccupazione riguarda l’aspetto educativo: i bambini non frequentano la scuola, seguono il metodo dell’unschooling, un apprendimento libero e non strutturato, privo di programmi ministeriali.

Dopo vari sopralluoghi, la Procura ha chiesto di affidare temporaneamente i tre minori, parlando di “grave pregiudizio” per la loro crescita. La decisione definitiva spetterà al tribunale dei minori dell’Aquila. Per ora i piccoli restano con i genitori, ma sotto costante monitoraggio.

“Non siamo davanti a un caso di degrado o violenza – precisa l’avvocato Giovanni Angelucci, che difende la coppia – ma a una famiglia che ha deciso di vivere in modo indipendente, secondo valori di libertà e rispetto dell’ambiente.”

Catherine e Nathan respingono con forza le accuse. Raccontano una quotidianità fatta di lavori all’aperto, cura degli animali e giornate semplici. “I bambini stanno benissimo, sono seguiti da una pediatra e conducono una vita serena – afferma la madre – Guardiamo documentari una volta a settimana, andiamo al parco, incontrano altri coetanei. Non viviamo in isolamento.”

Ex istruttrice di equitazione, Catherine oggi offre consulenze spirituali online attraverso il suo sito. “Chi mi segue lascia una donazione, è la nostra fonte di sostentamento. Viviamo con poco, ma con gratitudine e pace interiore.”

La svolta, racconta, è arrivata nel 2021. “Volevamo crescere i nostri figli lontano dalla tossicità della società moderna e dall’abuso di tecnologia, insegnando loro il rispetto per la natura e le diverse culture.” Nathan, ex artigiano del legno, ricorda un incidente che gli ha cambiato la prospettiva: “In ospedale ho capito che dovevo rallentare, tornare alla terra.”

Dopo l’acquisto della casa nei boschi di Palmoli, la coppia ha reso la struttura autosufficiente con pannelli solari, un pozzo privato e una stufa a legna. “Non siamo eremiti – precisa Catherine – Facciamo la spesa ogni settimana a San Salvo, abbiamo contatti con la comunità locale.”

Oggi la famiglia attende la decisione del giudice. Nei documenti giudiziari, la loro abitazione viene definita “non idonea”, ma resta un piccolo ecosistema autosufficiente. Il caso divide l’opinione pubblica: per alcuni rappresenta un esempio di libertà educativa, per altri un pericoloso isolamento dei minori.