Soffocò e bruciò i figli di 9 e 12 anni: Pasquale Iacovone avrà i permessi premio

Erica Patti, madre delle vittime, vive nel terrore che il suo ex possa finire il “lavoro” uccidendo anche lei.

Brescia – Sono trascorsi dodici anni da quella tragica notte del luglio 2013 che sconvolse il Paese intero. A Ono San Pietro, un piccolo comune dell’alta Valcamonica in provincia di Brescia, Pasquale Iacovone tolse la vita ai suoi due bambini, Andrea di 12 anni e Davide di 9, per poi tentare di cancellare le tracce del delitto appiccando un incendio nell’abitazione. Ora, raggiunta la soglia temporale prevista dalla legge, l’uomo potrà beneficiare di uscite temporanee dal penitenziario dove sta scontando la pena dell’ergastolo.

La notizia ha gettato nello sconforto Erica Patti, la madre dei due bambini uccisi dal padre. La donna ha confessato di vivere oggi nella costante angoscia di poter incontrare l’assassino dei suoi figli, trovandosi di nuovo catapultata in quella paura che credeva di avere, almeno parzialmente, superato. L’incertezza su quando l’ex marito possa circolare liberamente la tormenta quotidianamente. Le sue preoccupazioni sono amplificate dall’assenza di dispositivi di controllo specifici: non esistono tutele particolari come un sistema di localizzazione elettronico o il divieto di avvicinamento.

La paura di Erica non è infondata. La donna è fermamente convinta che l’ex marito rappresenti ancora una minaccia concreta per la sua incolumità. Ritiene che l’uomo non abbia concluso quello che aveva in mente e che, se ne avesse l’opportunità, tornerebbe a colpire. Secondo la sua analisi, l’unico obiettivo dell’ex coniuge è sempre stato quello di annientarla completamente. A rendere ancora più angosciante la situazione è l’atteggiamento dell’uomo in tutti questi anni: Iacovone non ha mai espresso alcun rimorso, nemmeno privatamente o in modo informale.

Erica rivendica con forza il diritto delle vittime di essere ascoltate nei procedimenti che riguardano le misure premiali per i condannati. Secondo lei, chi ha subito crimini così devastanti dovrebbe poter partecipare attivamente alle decisioni sul rilascio temporaneo, spiegando perché ritenga pericolosa quella persona. Ci tiene a precisare di non essere contraria per principio ai benefici penitenziari, riconoscendo che il sistema carcerario italiano deve puntare al recupero dei detenuti come previsto dalla Costituzione, ma sostiene che ci sono crimini di tale gravità che meriterebbero una valutazione diversa e più rigorosa.

La donna si sente intrappolata in un incubo senza fine. Ha trascorso anni nel terrore prima di quella notte e si ritrova a vivere la stessa condizione adesso. Non riesce ad accettare l’idea di doversi guardare costantemente intorno, con l’ansia di trovarselo improvvisamente davanti. Considera profondamente ingiusto dover vivere in uno stato di allerta permanente.

La ricostruzione di quella mattina del 16 luglio 2013 emerge dai documenti processuali e dalle motivazioni della sentenza depositate dalla Corte d’Assise d’Appello. Iacovone, già separato dalla moglie, viveva una situazione familiare estremamente tesa. Erica lo aveva denunciato più volte per comportamenti persecutori e intimidazioni, configurando un quadro di stalking che aveva reso insostenibile la convivenza. L’uomo non accettava la fine del matrimonio e covava un rancore crescente verso la donna.

Quella mattina, quando i bambini si trovavano con lui nell’appartamento, Iacovone mise in atto un piano lucido e premeditato. Come ricostruito dai giudici, approfittò del fatto che Andrea e Davide dormissero ancora per compiere il gesto efferato. L’uomo entrò nelle loro stanze e li soffocò barbaramente, privandoli del respiro senza che potessero opporre resistenza. I bambini non ebbero scampo, sopraffatti dalla forza di un adulto mentre erano ancora immersi nel sonno.

Dopo aver compiuto il duplice infanticidio, iniziò una lunga operazione per mascherare quanto accaduto. Sparse metodicamente benzina in diverse zone dell’abitazione, preparando con cura la scena per simulare un incidente. Poi vi appiccò il fuoco, dando vita a un rogo devastante che avvolse l’intera casa. L’incendio divampò rapidamente, carbonizzando i corpi dei due bambini e danneggiando gravemente la struttura.

Le indagini e il successivo processo smontarono completamente la versione dell’incidente e del presunto tentativo di suicidio allargato. La Corte, nelle sue motivazioni estese su oltre centodieci pagine, ha descritto il movente come una vendetta disumana orchestrata per infliggere all’ex moglie la sofferenza più atroce immaginabile. Il presidente ha evidenziato come l’imputato, mosso da un rancore e un odio straordinari, avesse deliberatamente scelto di uccidere i figli non per porre fine alla propria vita insieme alla loro, ma per assaporare la visione dello strazio della donna di fronte ai corpi carbonizzati dei bambini.

I giudici hanno categoricamente escluso che ci fosse un’autentica volontà suicidiaria. Hanno sottolineato che la vera intenzione di Iacovone era sopravvivere per poter guardare in faccia Erica e godere della sua disperazione infinita. Anche le ustioni riportate dall’uomo nell’incendio sono state considerate parte della messinscena per simulare un tentativo di togliersi la vita insieme ai figli.

La Corte ha inoltre osservato che questo atteggiamento vendicativo è proseguito anche durante il processo d’appello. Dopo un tentativo di sottrarsi consapevolmente al giudizio, Iacovone ha continuato a guardare la moglie, nuovamente piegata in una disperazione senza possibilità di rimedio. Questo comportamento ha confermato ai giudici che l’obiettivo primario dell’uomo era e rimaneva quello di infliggere il tormento psicologico alla donna.

L’analisi della Corte ha evidenziato come non si sia trattato di un momento di esasperazione improvvisa o di un raptus incontrollabile, ma di un’azione lucida, consapevole e pianificata nei dettagli. Ogni fase dell’omicidio, dalla scelta del momento in cui i bambini dormivano, alla modalità del soffocamento, fino alla preparazione dell’incendio con lo spandimento metodico del combustibile, tradiva una fredda determinazione.

La condanna all’ergastolo ha chiuso il processo, ma non le ferite di chi è sopravvissuto a quella devastazione familiare. Per Erica, la possibilità che l’assassino dei suoi bambini possa ora camminare temporaneamente libero rappresenta una nuova, insopportabile forma di violenza, soprattutto in considerazione del fatto che l’uomo non ha mai mostrato segni di pentimento per un crimine che i giudici hanno definito come una delle vendette più disumane mai perpetrate attraverso l’uccisione di minori innocenti.